La sindrome emolitico uremica colpisce soprattutto i minori e si manifesta con dissenteria e vomito. Gli esperti: "Situazione sotto controllo, ma ecco come evitare il contagio". Nel mirino dei tecnici regionali il sistema di depurazione regionale
L’ultimo caso, in ordine di tempo, riguarda una bambina di soli 11 mesi di Calimera, in provincia di Lecce. Prima di lei, a distanza di neanche 24 ore, è toccato ad un quindicenne di Brindisi. Salgono a 16 i casi di sindrome emolitico uremica registrati in Puglia nel giro di due mesi. E man mano che dalle strutture regionali arrivano le conferme che si tratta proprio di Seu, la preoccupazione cresce. Gli esperti invocano calma per evitare allarmismi, ma per tutti sta diventando una vera e propria epidemia. Soprattutto se si considera che, mediamente, in Italia in un anno i casi di Seu, arrivano a malapena a 40. L’allerta è stata diramata in tutta Italia e le strutture ospedaliere pugliesi stanno affrontando la situazione.
Dal primo luglio ad oggi, si diceva, dei 16 casi di Seu in Puglia, 14 hanno riguardato bambini di età inferiore ai 36 mesi, i restanti due un adolescente e un adulto. Le aree interessate sono il litorale di Bari, la costa ionica della provincia di Taranto, il Salento e la zona di Brindisi. I sintomi accusati da tutti sono più o meno gli stessi: dissenteria con sangue e muco nelle feci, dolore addominale, pallore, astenia, vomito. Le indagini del Laboratorio nazionale di riferimento per il batterio batterio escherichia coli presso l’Istituto Superiore di Sanità, sui campioni biologici relativi ai primi due pazienti, hanno permesso di diagnosticare un’infezione da Vtec 026, verocitotossina. Da quando è scattata l’allerta, l’Osservatorio epidemiologico regionale pugliese sta conducendo analisi per capire quale possa essere la causa dell’infezione.
Si stanno setacciando la filiera alimentare, quella zootecnica, le acque di balneazione e potabili. Proprio nel caso della piccolina di Calimera, sotto la lente dei biologi è finito il pozzo dal quale i genitori attingevano acqua per la detersione personale. Al momento l’unica certezza è che il contagio non è avvenuto con l’acqua di mare. I valori riscontrati nelle analisi sono tutti nella norma. Gli indiziati speciali sembrerebbero essere alcuni prodotti alimentari come carne, verdura, latte e derivati. L’elemento comune nei pazienti sarebbe stato il consumo di anguria, panini imbottiti di carne cotta sui furgoncini e insalata. Sulle angurie, in particolare, c’è il sospetto che siano state lavate con acqua contaminata. Bisogna capire quale sia la strada di diffusione del batterio.
La Seu, infatti, è provocata da una infezione intestinale causata dal batterio escherichia coli che, colonizzando nell’intestino, libera la verocitotossina la quale, entrando nel circolo sanguigno, arriva ai reni. Proprio per i possibili danni ai reni e al sistema nervoso è bene prestare molta attenzione ai sintomi. Il primo è indubbiamente la dissenteria, frequente e con sangue e muco nelle feci. Debolezza, mancanza di appetito, pallore, sono altri campanelli d’allarme. È bene, dunque, rivolgersi subito al pediatra, al medico di famiglia o alle strutture ospedaliere già pronte ad affrontare il caso. Una diagnosi tempestiva, come avvenuto nei 16 casi, mette al riparo da possibili conseguenze.
“L’importante è mantenere la calma”. Questo il primo consiglio di Piergiorgio Chiriacò, primario del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale Perrino di Brindisi. “Non bisogna entrare nel panico per una scarica di feci non solida. Il problema è quando le scariche sono superiori a cinque nelle 24 ore, se nelle feci compare muco o sangue. In tal caso, è bene rivolgersi al pronto soccorso per controllare funzionalità renale, stabilire se c’è bisogno di consulenza infettivologica e se c’è gastroenterite batterica riconducibile a escherichia”. La situazione, tiene a precisare Chiriacò, è sotto controllo. L’importante è seguire le più normali prassi igieniche: lavare sempre accuratamente le mani, accertarsi possibilmente la provenienza del cibo che consumiamo, lavare molto bene verdure e ortaggi, consumare carne ben cotta, evitare pesce e molluschi crudi.
Una ulteriore raccomandazione arriva dal direttore dell’Unità operativa Semplice dipartimentale di pediatria dell’ospedale di Corato, Vincenzo Tota. “Quando nella diarrea compaiono sangue e muco, è bene non somministrare antibiotici. Sono sconsigliati già nelle dissenterie banali, ancor di più nei casi in cui compaiono i segnali peggiorativi. Questo perché, se si tratta di Seu, possono peggiorare la situazione amplificandone l’effetto. L’antibiotico uccide i germi – spiega Tota – e quindi la massiva morte cellulare ha come conseguenza l’altrettanto massiccia liberazione della tossina incriminata”. La Seu colpisce principalmente bambini perché sono più deboli degli adulti, privi degli anticorpi capaci di parare gli effetti dell’infezione.
Se presa in tempo la Sindrome emolitica uremica può essere curata, reidratando il piccolo paziente e sottoponendolo, nel caso in cui le funzionalità renale ed ematica risultino compromesse, a dialisi e trasfusioni. La responsabile del centro Epidemiologico regionale, Cinzia Germinario, mette in guardia pugliesi e turisti in vacanza in queste zone: i casi di contagio potrebbero non essere finiti qui. Anzi. Ci si aspetta nuovi casi. L’assessore alla Salute della Regione Puglia Elena Gentile teme il picco per fine mese. È necessario intensificare le analisi per capire quale sia la fonte di diffusione del batterio ed è per questo che è stato chiesto ai carabinieri del Nas il supporto nelle indagini.