Lo hanno messo in mezzo a due poliziotti altissimi per farlo sembrare un uomo piccolo e indifeso, nonostante il suo metro e novanta di altezza: è la foto simbolo del processo contro Bo Xilai, l’ex leader del Partito Comunista di Chongqing, accusato di corruzione e abuso di potere, espulso dal Partito e da un anno e mezzo agli arresti. Ma contrariamente alle previsioni della vigilia Bo Xilai, anziché confessare, ha dato vita ad una prima giornata di processo piuttosto accesa, respingendo alcune delle imputazioni, accusando anzi i propri detrattori di falsità e corruzione, dichiarando di aver reso le prime confessioni sotto ‘pressioni’ degli investigatori del Partito. La Corte di Jinan lo accusa di aver ricevuto tangenti da due uomini d’affari cinesi, quando era sindaco della città di Dalian. Tra le imputazioni anche quelle fornite dalla moglie, Gu Kailai, già condannata all’ergastolo per l’omicidio dell’uomo d’affari britannico Neil Heywood, attraverso una testimonianza scritta letta nell’aula dove sono stati ammessi diciannove giornalisti, nessuno straniero. Il processo contro Bo Xilai durerà due giorni, proseguirà domani e la sentenza è attesa per i primi giorni di settembre.
Ci si aspettava il consueto processo farsa, invece l’atteggiamento di Bo Xilai nella prima giornata, seguita con molta enfasi dai media cinesi e con una straordinaria diretta su Weibo, il Twitter cinese, della Corte di Jinan, ha riservato alcune sorprese. Si tratta di un segnale della nota combattività del personaggio, capace di radunare intorno a sé una corrente all’interno del Partito attraverso le sue attività svolte nella città di Chongqing, in grado di portarlo tra i principini – Bo è figlio di uno degli Otto Immortali della Rivoluzione comunista cinese – più in vista del paese. Bo Xilai ha negato di aver mai ricevuto tangenti, ha negato di conoscere i piani economici della moglie e ha infine accusato i suoi principali detrattori (due uomini d’affari) di corruzione e di utilizzare il suo nome per chiedere clemenza alla corte. Un leone, che dimostra di voler vendere molto cara la pelle, dato che le imputazioni per le quali è a processo prevedono anche la pena di morte.
C’è chi sostiene che la troppa ambizione abbia finito per minare la sua carriera; di sicuro la sua ascesa è stata costante nel tempo, attraverso un recupero della terminologia e propaganda maoista e una lotta serrata alla criminalità organizzata. Nel mezzo delle sue campagne, però, sarebbero finiti molti avversari politici, pratiche poco rispettose dei diritti umani e tanti soldi finiti in molte tasche, comprese quelle della sempre più miliardaria, nel tempo, famiglia di Bo Xilai. La caduta di Bo, che ha innescato uno degli scandali più clamorosi degli ultimi trent’anni di vita politica cinese, è stata rapida, facilitata da un Partito che aveva bisogno di ritrovare la propria unità a pochi giorni dall’allora diciottesimo congresso del Partito Comunista.
Dietro la rovinosa morte politica di Bo Xilai, infatti, si nascondono diversi luoghi oscuri della società cinese. Intanto una vicenda di cronaca nera, con la moglie condannata alla pena di morte sospesa per l’omicidio dell’uomo d’affari britannico Neil Heywood. Un fatto ancora avvolto nel mistero, che ha visto le dimissioni del medico forense cinese, che si è dichiarata ‘disgustata’ per i metodi utilizzati dall’accusa. E nella vicenda è emerso anche un clamoroso scontro interno nel Partito Comunista che pare ancora non completamente sopito (viste le ultime indiscrezioni circa documenti interni riservati, fatti uscire recentemente dal New York Times).
Allora si disse che vinsero i liberali, capaci di provocare la fine del pericolo ‘neomaoista’ rappresentato da Bo Xilai. Oggi le direttive di Xi Jinping, a dire il vero, non sembrano così distanti da quelle di Bo. E il comportamento energico e battagliero di Bo Xilai al processo non salverà la sua carriera politica, né forse gli permetterà di avere una pena lieve da parte della Corte, ma di sicuro finirà per rinverdire quella fazione del Partito che non ha dimenticato Bo Xilai e che continua ad avere come punto di riferimento la pratica politica dell’ex principino rosso.
di Simone Pieranni