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Crisi in Spagna: “Bambini malnutriti” Scuole aperte per garantire i pasti

Secondo i dati dell’Unicef la povertà infantile a Madrid sfiora il 27,2 percento, cioè 2,3 milioni di minori. E per la prima volta nel Paese quest’estate centinaia di istituti hanno fatto a meno di andare in vacanza

Le parole di Francesc Freixanet, direttore di una scuola pubblica di Barcellona, riprese tempo fa dal quotidiano El Pais suonano ancora pesanti: “Negli ultimi due anni abbiamo avuto casi gravi, con lo svenimento in aula di un bambino e in due occasioni abbiamo dovuto chiamare l’ambulanza per malnutrizione di altri alunni”. Tant’è che in Catalogna pochi giorni fa sono arrivati pure i dati ufficiali: i bambini malnutriti sono 50mila, scrive un report del Síndic de Greuges, che si occupa dei diritti dei cittadini catalani. Una cifra che ha riacceso le polemiche, ma che non ha sorpreso la Caritas o la Croce Rossa, che da mesi denunciavano la situazione.

Secondo i dati dell’Unicef, poi, la povertà infantile a Madrid sfiora il 27,2 percento, cioè 2,3 milioni di bambini. Bambini con difficoltà di concentrazione o dolori di stomaco per carenza alimentare. Una presenza che è diventata una realtà non solo nelle scuole catalane. E non solo durante i giorni di lezione. Per la prima volta nel Paese quest’estate centinaia di istituti hanno fatto a meno di andare in vacanza. Come la scuola più antica di Santa Cruz de Tenerife, la Onésimo Redondo, che da luglio ha accolto ogni giorno 50 bambini che si sono iscritti a un corso di lingua promosso dall’Assessorato all’educazione del governo delle Canarie.

Migliorare l’inglese dei piccoli alunni però è solo una scusa: in pratica qui si garantisce almeno un pasto al giorno ai bambini di famiglie in difficoltà. Spesso, infatti, il pranzo a scuola è quello principale dei bambini delle famiglie sotto la soglia di povertà. Una misura straordinaria che era stata annunciata dal presidente canario Paulino Rivero già lo scorso aprile, quando il governo delle isole aveva messo sul tavolo 1,2 milioni di euro. Poi la conferma dell’assessore all’educazione José Miguel Pérez: un progetto combinato che mira non solo alla formazione complementaria nei mesi estivi, ma anche a mantenere aperto il servizio della mensa.

Così nelle Canarie, una delle comunità autonome con un maggior tasso di disoccupazione e con un indice di povertà infantile del 29 per cento – quattro punti sopra la media nazionale e nove sopra quella europea – più di 6mila alunni dai 3 ai 12 anni si sono iscritti ai corsi estivi in 132 istituti per poter accedere alla mensa scolastica e migliorare il livello della lingua straniera. Il programma è aperto a tutti, non solo alle famiglie disagiate che lo usano gratis. Ci sono anche genitori che pagano. Ma l’apertura straordinaria delle scuole non è solo affare di una regione. Anche i governi di Andalusia ed Extremadura, la comunità di Valencia e piccoli e grandi comuni disseminati per la Spagna hanno promosso decine di programmi estivi per almeno 12mila minori di 14 anni. E tutti con lo stesso intento: migliorare l’inglese, rafforzare alcune materie scolastiche, fare giocare i più piccoli ma soprattutto fornire un menù ai bambini vittime della crisi.

“Non ci sono giustificazioni perché questo Paese non possa alimentare i suoi cittadini, specialmente i bambini”, ha detto Gabriel González-Bueno, responsabile delle Politiche infantili di Unicef Spagna, che ha spiegato come all’inizio le famiglie spagnole abbiano ridotto la qualità degli alimenti e comprato in base al prezzo più conveniente. Poi hanno smesso di acquistare carne e pesce, infine frutta e verdura. “Mangiano molta pasta e riso”, un deficit alimentare di cui i bambini sono le prime vittime. A maggior ragione poi quando la situazione è precipitata con gli ingenti tagli alla scuola pubblica. Quest’anno gli aiuti per la mensa scolastica sono crollati e molte famiglie hanno dovuto rinunciare alla mensa per i propri figli perché incapaci di pagare la quota. Tanto più che l’emergenza provocata dalla prolungata recessione e l’aumento della povertà nelle fasce sociali a maggiore rischio di esclusione rende l’intervento dei servizi sociali insufficiente. L’Unicef aspetta che il governo iberico adotti delle misure urgenti, come il fondo sociale di 60 milioni promesso per le famiglie a rischio. Frattanto decine di scuole continuano a restare aperte. E a insegnare ai bambini che cibo, in inglese, si dice food.

Twitter: @si_ragu