Più che Mission sarebbe meglio parlare di Mission impossible. Protagonisti i soliti super raccomandati della tv: Al Bano, Cocuzza, il principe Emanuele Filiberto, Barbara De Rossi, Paola Barale. L’intento di Rai 1 di realizzare in prima serata una trasmissione che racconti la realtà delle missioni umanitarie nei campi profughi nei luoghi disperati del mondo è assolutamente pregevole, e le organizzazioni, a cui l’azienda ha fatto riferimento (l’Ong Intersos e l’Agenzia Onu per i rifugiati) sono conosciute nel mondo per il loro impegno e la loro professionalità. Quello che non sta in piedi è come verrebbe realizzato il programma e naturalmente chi vi partecipa: chi è buono per trasmissioni come Ballando con le stelle, I migliori anni passando per L’isola dei famosi, non credo che possa funzionare per Mission. Su questo le due organizzazioni hanno una responsabilità o sono state troppo superficiali. Mission dimostra il limite della Rai, mancanza di autori e di dirigenti di prodotto adeguati, la grande ricchezza che negli anni 60-90 fece diventare la Rai una delle più importanti tv al mondo. L’aver affidato buona parte dell’intrattenimento alle società dei format è l’errore che ha omologato il servizio pubblico alla tv commerciale. Questi discorsi vengono fatti da anni in azienda a tutti i livelli, ma all’orizzonte nulla di nuovo al punto che mi sto convincendo che il problema non sta nell’incapacità, ma nella mentalità, forse anche in Rai dovrebbe passare un Renzi o un Grillo per rottamare i soliti noti che di fatto impediscono il rinnovamento editoriale e industriale dell’azienda. Sul caso Mission non tutta la verità è stata raccontata.
Il bubbone non è scoppiato in questi giorni ma esattamente un anno fa, quando Michele Cocuzza e Barbara De Rossi erano in Congo a registrare il numero zero del programma e rimasero bloccati dall’emergenza Ebola che aveva fatto diverse vittime in Uganda e che avrebbe potuto contagiare anche il Congo. Allora Rai 1 smentì che il programma era prodotto per andare in onda sulla rete ammiraglia. I problemi affrontati un anno fa con Cocuzza e la De Rossi: il numero dei componenti la troupe, la protezione delle attrezzature per le riprese, la costruzione del set, il trucco e il parrucco per i vip, ecc. sono gli stessi che dovrà affrontare la nuova “spedizione”. Chiediamoci perché quel prototipo non è mai andato in onda. Non sarebbe stato meglio affidare il lavoro a giornalisti capaci di realizzare un reportage e privilegiare il contenuto allo spettacolo?
Il Fatto Quotidiano, 21 agosto 2013