Un incontro casuale che produce scintille. È seduto dietro di me sull’aliscafo di ritorno dalle Eolie. Mi giro, sì è proprio lui. La stessa chioma scapigliata di un tempo. Sono passati diversi anni da quando, appena sedicenne, Felice Limosani faceva il dj sulla terrazza dell’Hotel Raya, una meraviglia sospesa fra cielo stellato e mare. Davanti le sciare di fuoco di Stromboli che bucavano l’oscurità. Fu la scoperta di Paolo Tilche, un egiziano dallo sguardo di ghiaccio, che ha fatto di Panarea uno scoglio in mezzo al mare, un luogo d’incanto.

Quello che accomunava Paolo e Felice erano le loro visioni. Creavano atmosfere e mixavano emozioni. Per loro tutto era metafora di creatività. Felice è andato oltre, annusando tutto quello che gli sta intorno: rumori della strada e luci in movimento, monumenti e piazze. È diventato un digital storyteller, un cantastorie multimediale. Migliaia e migliaia di gommini da matite compongono i cinque continenti: il grande mappamondo, commissionato da Tod’s (i gommini non erano casuali), è stato a lungo esposto alla White Chapel Gallery di Londra. Molte altre installazioni sono passate nei musei di mezzo pianeta: dalla Triennale di Milano al Louvre.

Di recente ha curato la mostra “Pianeta Expo 2015. Conoscere, gustare, divertirsi”. È stata la prima di una serie di esposizioni volte a spiegare al pubblico il significato del tema Expo: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Felice, pugliese nel dna, ha anche abbracciato la sua Firenze, città d’adozione, collegando le estremità del Campanile di Giotto, della Basilica di Santa Croce, del Forte Belvedere, passando per Palazzo Vecchio con un raggio laser. Spettacolare.

Ci raccontiamo, Felice e io, per tutta la durata del viaggio, malgrado i sobbalzi delle onde. Anche lui non smette mai di vagare sui flutti della sua fantasia. È concreto, ma non ha perso la capacità di entusiasmarsi: con mio figlio scrivono sul retro di una cartolina il proprio indirizzo, la arrotolano, la infilano in una bottiglia e affidano alla corrente il loro messaggio.

Ci ritroviamo, poi, a commentare una notizia che riguarda quelli che, come lui, si occupano di “beni immateriali”. Da quest’anno negli States (e l’Europa arranca) le spese per la ricerca, lo sviluppo e la creazione in campo tecnico, scientifico, artistico saranno intese come investimenti. “Una vera e propria svolta culturale. Se per molti l’immaginazione non è al potere, di certo il riconoscimento della potenza, anche economica, della fantasia da ora è un dato di fatto”, chiosa felicemente. Da oggi il Pil di una nazione si calcola anche in pensiero, innovazione e bellezza. L’intangibile contribuisce in modo tangibile e computabile ai fatturati, ai dividendi ed ai margini operativi.

Da quella terrazza sotto le stelle è cambiato tutto, anzi niente. Immaginazione e olio di gomito aprono nuove strade, prospettano altre soluzioni, mescolano usuale e inusuale, creano nuovi alfabeti, mille nuove forme espressive. Per dirla con Felice, con le parole di André Gide: “L’importanza sta nello sguardo, non in ciò che si guarda”.

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