Quando sono tornata al tempio, le vecchine esultarono. Che fine hai fatto, avanti, chiedetelo. Su. Volete sapere quante righe oggi? Coraggio, non abbiate timore. Sono centottanta righe, come sempre, c’est la vie. Si dice pezzo, articolo, avanti, è facile.
Le vecchine erano due e sorridevano con la bocca accartocciata. Dario era sparito, Dario che suonava il piano, il compagno di liceo, quello che si faceva di eroina. Dov’è, in neuropsichiatria? domandai. Le due anziane mi guardavano fisso, come certe capre. Rovistai nella borsa, estrassi il moleskine.
Basta di guardarmi, oh, mi guardavano ancora invece. Avevo ripreso a fumare. Hai da accendere, fumi? La vecchina si chiamava Concita, disse no con le due guance tremule, scosse da una parte e dall’altra. Presi la Marlboro e chiesi al posteggiatore pederasta, sfregò il fiammifero, roba da matti, ma il progresso, o sempre dobbiamo star qui a menar il can per l’aia.
Eh, fece il pederasta. Sapete perché ho ripreso perché ho pensato alle case alveare a Massimo, a Romina, dissi alle vecchie. Ho aperto il moleskine e scrissi con nobiltà e concentrazione: “Erano gli uomini di una volta, distanti, fermi, dentro la vita, brutalmente semplici nel loro modo di affrontarla”. Poi realizzai che avrei voluto incontrare un tipo alla Califfo, maledetta noia.
Però Massimo aveva un’altra per la testa. Non arrabbiatevi (quelle vecchie non si arrabbiavano mai), Massimo oggi non so nemmeno dove sia finito. Un giorno gli urlai tutto il mio disappunto, sul cumulo di lamiere nella terra del Simun. Le case alveare si reggevano l’un con l’altra, provate dal terribile vento di sud est, la fogna esalava sotto i portici, Massimo dormiva al riparo dalle grondaie di una catapecchia, più in là le betoniere e tir smisurati e cigolanti come panzer facevano un gran rumore.
Non mi amerai mai mai. Massimo era nel suo solito viaggio. Ero sul colle, un poggio di mondezza, guardavo le petroliere, il mare malato, avevo le lacrime agli occhi. Massimo venne in soccorso della mia stoltezza, sei stupida, mi disse, vieni qui, ho detto no no, lasciami qua sopra.
Allora promettimi, quando mi amerai veramente? Strappai i bottoni della camicetta per i nervi, Massimo restò piegato a raccoglierli, lento e ipnotico, fu allora che imparai a ridere per lo sgomento. Guardò su verso il cielo, poi guardò me: non urlare, ti prego, disse. Copriti, ti prego.
(continua)