Il politico in vacanza in Corsica ha scritto il commento su Facebook per poi cancellarlo qualche ora dopo. Intervistato dal Secolo XIX ha ammesso: "Uscita sconveniente, ma la mia posizione su certe battaglie è chiara"
“Le meduse sono come gli zingari: inutili e fastidiose”. La frase è di Stefano Ballerani, esponente del Pdl genovese e vicepresidente del Consiglio comunale di Genova. Ballerani l’ha postata su Facebook durante un suo soggiorno in Corsica. L’affermazione è stata poi fatta sparire, ma è rimasta visibile il tempo necessario per far scattare la polemica. La vicenda è raccontata dall’edizione genovese del Secolo XIX. “Uscita sconveniente, per questo – dice Ballerani al quotidiano – l’ho cancellata. Avevo appena letto di una serie di furti degli zingari, poi ho visto le meduse e mi è venuta questa associazione di idee, ho sbagliato. Avrei scritto cose analoghe anche se i protagonisti dei furti fossero stati dei ragazzi di Albaro”.
Intervistato dal giornale di Genova, il politico ha smorzato i toni, ricordando però la sua idea in merito ai campi nomadi: “Senza ripensamenti”, ha concluso, “dico pure questo: se sono nomadi che ‘nomadizzino’. Non ha senso mantenere campi stanziali. La mia è stata una frase così, ciò non toglie che su certe battaglie le mie idee sono chiare. Come per i centri sociali. Tutti sanno come la penso e nella mia attività politica ho sempre affermato le stesse cose. Con coerenza”.
Prima della cancellazione del post su Facebook, Balleari – descritto come politico pacato – ha ottenuto sei mi piace e il commento della collega di partito Cristina Scarfogliero: “Dovresti mandarla al vicesindaco che dice ‘poverini’, magari difende anche le meduse”. Ma c’è chi, nel suo partito, prende le distanze. Imbarazzato invece l’esponente del Popolo della libertà Matteo Campora è “Una frase inopportuna, uno scivolone”.
E ad attaccare Balleari è il capogruppo del Pd in Comune Simone Farello: “Facebook è un luogo pubblico, come la Sala Rossa di Palazzo Tursi (aula del Consiglio comunale, ndr) e allora scrivere una cosa sul social network equivale a dirla in Consiglio. Di questa storia se ne dovrà parlare anche in aula”.