In pubblico uniti, dietro le quinte tutt’altro. Falchi e colombe del Pdl, al di là della linea unitaria dettata dal segretario Angelino Alfano dopo il vertice di Arcore, continuano a dirsene di santa ragione. All’indomani del summit in cui sono state decise le azioni del partito sul futuro politico del Cavaliere, nel Popolo della Libertà c’è chi continua a marcare le differenze, interpretando le decisioni di Berlusconi come un successo della propria corrente interna. “E’ finita. Il governo cadrà”, annuncia trionfante Daniela Santanchè. Ma le preoccupazioni restano sui banchi di Palazzo Madama dove i traditori potrebbero essere più di venti: “Se si rompe tutto”, commenta il capogruppo Renato Schifani, “chi terrà il gruppo?”. Tra i sospettati ci sono i volti nuovi, chi è stato infilato in lista all’ultimo minuto e chi il posto da senatore non potrà più averlo: una lista di nomi sempre più concreta e che preoccupa il Cavaliere. Cerca la mediazione invece Sandro Bondi: “Se il Pd vota la decadenza e se Napolitano registrasse che non ci sono alternative, siamo pronti al voto. E Berlusconi sarà il nostro candidato premier”.
La vittoria dei falchi e gli scontri interni
Santanchè lascia Arcore con il sorriso e in prima linea rivendica la vittoria. “E’ finita, finalmente. Il governo Letta cadrà. L’ha detto anche il presidente, che non mi è mai sembrato così forte, tranquillo e determinato: non dobbiamo aspettarci niente, perché da Napolitano, da Letta e dal Pd niente avremo”. Parola della Pitonessa in un’intervista concessa a Repubblica. Il leader dei falchi, poi, non ha perso l’occasione per rivendicare la vittoria nel fronte interno, con tanto di citazione per quelli che il Cavaliere chiama ‘governativi’. “Le colombe hanno ceduto, non ci sono alternative alla crisi perché gli altri hanno deciso di negare l’agibilità politica a un leader votato da milioni di italiani” ha detto la Santanchè, secondo cui “Alfano ha capito che aria tirava e si è subito allineato. E’ il più furbo di tutti”. Invece “Cicchitto, Schifani, Quagliariello, Lupi fanno a gara nel dire che si può mediare, ma sbagliano”.
Immediata la replica delle colombe tramite le parole di Fabrizio Cicchitto. Che non le manda a dire: ”L’onorevole Santanchè, che è anche responsabile dell’organizzazione del partito, dichiara di esprimere le posizioni di una corrente di esso, soi disant i “falchi”, i cui nominativi elenca ed elenca anche i nomi dei dissenzienti, dei non allineati, dei renitenti e degli incerti – ha detto Cicchitto – Francamente non ci sembra che abbia scelto il momento più opportuno per fare questo elenco dei buoni, dei cattivi e dei mediocri“. Per l’esponente dell’ala moderata del Pdl, è chiaro che “fermo rimanendo le libere valutazioni di ognuno, siamo tutti impegnati a respingere l’attacco politico e giudiziario a Silvio Berlusconi e a porre il Pd di fronte alle sue responsabilità perché la tenuta dell’attuale governo, che è auspicabile, deve essere affidata al senso di responsabilità di tutte le forze politiche che lo sostengono”.
Così anche il senatore Altero Matteoli che definisce “disdicevole” provare a dividere il Popolo della libertà: “La riunione di Arcore è stata seria e tutti hanno espresso il proprio punto di vista. Poi, come si conviene ad un partito vero, si è fatta sintesi nel comunicato di Angelino Alfano. Che ci sia qualcuno, alla ricerca di visibilità fine a se stessa, che prova a dividere tra vincitori e vinti, buoni e cattivi, bravi e asini, è disdicevole e serve solo a complicare le cose. Non ho dubbi comunque, che il partito è e resterà compatto attorno a Silvio Berlusconi”.
Cicchitto inoltre, al di là della replica alla Santanchè, ha detto anche altro. Considerazioni politiche e strategie, sulle colonne de Il Mattino di Napoli. ”Se tra Pdl e Pd si arriverà a due voti separati sulla decadenza di Silvio Berlusconi, si determinerà uno sconquasso – ha pronosticato – Ma mi auguro che la cosa venga evitata con uno sforzo di ragionevolezza”. Nel vertice di Arcore “sono stati riconfermati i due nodi fondamentali: Imu-Iva e decadenza” ha spiegato il deputato, specificando che sulla seconda, “ci aspettiamo che si affronti in modo serio la questione della costituzionalità o meno della legge Severino” perché “è’ inaccettabile che passi la linea secondo cui il Parlamento è il semplice esecutore di una decisione della magistratura, per di più su di una questione giuridicamente assai controversa. Qui non si tratta di mettere un bollino di registrazione”. Cicchitto, poi, ha fatto notare che il Pdl non è il solo a volere questa interpretazione. “Di un ricorso alla Corte costituzionale per chiarire le norme dell’applicabilità della legge Severino – ha proseguito – parlano anche molti giuristi non schierati con noi. Non è una questione inventata. Un approfondimento, concedendosi il tempo necessario, è indispensabile anche perché è la prima volta che queste regole si applicano a un parlamentare”.
La lista dei traditori al Senato. Schifani: “Se andiamo alla rottura il gruppo chi lo tiene?”
Ha vinto la linea dura, ma la compattezza continua a preoccupare il Cavaliere. Se Enrico Letta dovesse arrivare in Senato a chiedere i voti per restare, tutto il Pdl gli volterà le spalle? Non ne è così convinto il capogruppo a Palazzo Madama Renato Schifani. “Io”, ha spiegato a il Messaggero, “guido il gruppo dei senatori. E voglio dirvi che non abbiamo un gruppo compatto come quello del 2006. Se andiamo alla rottura e non c’è la sicurezza dell’esito elettorale, il gruppo chi lo tiene?”. Non ha fatto i numeri Schifani, ma sono circa venti i politici “ballerini” che potrebbero sostenere un Letta bis. Tra questi gli eletti a sorpresa, quelli che sono arrivati all’ultimo momento a sedere sui banchi del Senato e quelli che una posizione come quella, se si torna alle urne non la potranno più avere. E secondo il Messaggero, c’è pure una lista dei nomi sospetti: Giovanni Billardi, senatore calabrese finito nel gruppo Gal che difende l’importanza di non far cadere il governo, o il pugliese Pietro Iurlaro, Pippo Pagano, Salvatore Torrisi, Francesco Scoma, Antonio Milo, Vincenzo D’Anna, Pietro Langella, Ciro Falanga o Giuseppe Ruvolo. Senza dimenticare i siciliani inseriti all’ultimo momento nelle liste campane dopo il caso Cosentino. Ipotesi che girano nei corridoi di palazzo Madama, ma che Berlusconi sa che deve tenere bene in conto. Soprattutto una volta che Napolitano farà l’appello all’unità nazionale e alla responsabilità delle larghe intese. Ma le accuse scatenano subito le prime smentite: “La notizia”, fanno sapere D’Anna, Milo, Langella e Falanga, “riportata da alcuni organi di stampa in merito alla nostra fantomatica presenza in un drappello di senatori del Pdl, pronti a sostenere un Letta bis anche senza Berlusconi, non risponde al vero. Restiamo, infatti, convintamente nelle file del Pdl, sostenendo le decisioni del partito e quelle di Silvio Berlusconi”.
Le mediazioni di Sandro Bondi: “Se il Pd vota la decadenza, pronti alle elezioni con Silvio”
Smorzare le tensioni interne e ricompattare il partito sulla linea Maginot di Berlusconi: questo l’obiettivo di Sandro Bondi, che al Corriere della Sera dice che il ”il Pd, così come i più alti vertici delle istituzioni, devono capire che il Pdl è compatto come non mai attorno al presidente Berlusconi. Non faremo gli errori e la fine della Dc e del Psi. Devono saperlo per non fare calcoli sbagliati”. Per il coordinatore del Pdl, del resto, “le elezioni anticipate sarebbero inevitabili se il Pd votasse la decadenza e nel caso in cui il presidente Napolitano dovesse registrare che non esistono altre maggioranze possibili”. E il candidato premier del partito, ha annunciato il coordinatore azzurro, “senza dubbio” Silvio Berlusconi. “Da Napolitano ci attendiamo una lungimiranza e un coraggio nell’affrontare una questione che attiene alla democrazia italiana che finora non abbiamo rilevato, se non parzialmente” ha detto Bondi, secondo cui, per quanto riguarda Enrico Letta, “non comprendiamo l’atteggiamento pilatesco, che così si condanna all’assoluta irrilevanza politica anche nel suo schieramento”. Dal Pd, ha proseguito Bondi, “ci aspettiamo che valuti nel merito la questione della candidabilità senza una posizione pregiudiziale, che lederebbe il patto all’origine dell’attuale maggioranza di governo”. Sui tempi della discussione in Giunta, invece, per Bondi la situazione è chiara: “Se parliamo del tempo necessario ad approfondire una questione così rilevante, vuol dire che il Pd ha già preso una decisione politica che non possiamo accettare e tollerare”.