Finalmente siamo tutti più sereni dopo che il Pd ha distribuito la “road map delle riforme costituzionali”, documento con cui si cerca di sdrammatizzare il dibattito inerente alla riforma dell’art. 138 della Costituzione.
Ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate; poi capisci che il Pd crede sinceramente nel contenuto di questo documento e allora cominci a preoccuparti seriamente. E’ opportuno mantenere la debita serietà.
Certamente la deroga all’art. 138 Cost. non mette in discussione il principio di rigidità della Costituzione: fintanto che si preveda un procedimento di revisione costituzionale più complesso, aggravato di quello previsto per la legge ordinaria, la Costituzione resta rigida. Infatti il problema, più che giuridico, è prevalentemente politico.
Si afferma nel documento che la deroga consentirebbe di approntare “una modalità di revisione costituzionale che fosse rispettosa del principio di rigidità previsto dalla nostra Costituzione, ma al contempo non sottoponesse il processo di revisione alle storture che il nostro sistema parlamentare da tempo ha messo in evidenza”; tale “stortura” è rappresentata dalla “struttura bicamerale perfettamente paritaria del nostro Parlamento, che rischia di sottoporre anche il procedimento di revisione Costituzionale alle patologie del nostro sistema parlamentare, con il rischio, nel passaggio da uno all’altro ramo del Parlamento, di vedere stravolti i contenuti delle riforme e dunque di vanificare anche questo, ennesimo, tentativo di riforma.”
Ecco secondo il Pd il problema principale del sistema politico italiano è il bicameralismo, o meglio la discussione dialettica parlamentare nell’ambito dell’iter di approvazione della riforma.
Peccato che l’art. 138 Cost. ha lo scopo proprio di rallentare l’iter di approvazione delle leggi di revisione costituzionale per garantire i necessari spazi per un pubblico dibattito sull’opportunità della legge o di una modifica del testo di essa originariamente presentato alle Camere.
Derogare all’art. 138 Cost. per garantire un’approvazione celere e indiscussa di una riforma costituzionale, continuando a blaterare che la rigidità della Costituzione è comunque preservata, è, sul piano giuridico, un rozzo formalismo e, sul piano politico, una grave offesa ai valori della democrazia costituzionale.
Le leggi, specialmente quelle di rango costituzionale, sono violate, non solo quando formalmente contraddette da un altro atto normativo che dovrebbe ad esse essere subordinato, ma anche quando ne è violato lo “spirito” che le anima: l’Esprit des Lois direbbe Montesquieu.
Lo spirito dell’art. 138 Cost. è l’affermazione della limitatezza del potere politico, la sua soggezione a dei limiti che non possono essere alterati senza alterare la forma di Stato. Uno di questi limiti è il pluralismo politico e il coinvolgimento della cittadinanza nelle decisioni pubbliche.
Per questo motivo una deroga all’art.138 Cost. è un non senso, mentre sarebbe possibile al più modificarlo, nel rispetto della rigidità costituzionale (es. rendendo sempre obbligatorio il referendum confermativo popolare): se lo scopo della norma è aggravare il procedimento di revisione, è assurdo garantire un percorso “agevolato” per singole revisioni costituzionali.
Questa storia ricorda molto la polemica che pochi anni fa sorse dopo le dichiarazioni di Berlusconi sulla “pesantezza” dei regolamenti parlamentari che ostruirebbero un iter legislativo snello e veloce, con conseguente necessità di far votare in aula solo i capigruppo di ciascuna Camera.
L’idea di fondo è sempre la medesima:
1. la democrazia politica consisterebbe, più che nella rappresentanza della pluralità delle opinioni politiche e degli interessi sociali e nella loro mediazione parlamentare, nella scelta elettorale di una maggioranza di governo e del relativo leader, espressione organica della volontà popolare che è l’unica fonte di legittimazione del pubblico potere;
2. dunque ogni vincolo, ogni ostacolo all’attuazione della volontà della maggioranza è inutile, oltre che illegittimo.
La volontà di derogare all’art. 138 Cost. conferma tale insofferenza della classe politica italiana verso i vincoli costituzionali, verso l’idea che la volontà del potere politico possa essere limitata.
Dunque l’art.138 Cost. viene visto come vincolo formale, che all’occorrenza può essere escluso, derogato, deformato. Poco importa dei principi della democrazia costituzionale.
Il Pd accetta questa logica esattamente come il Pdl, solo che il primo ipocritamente si afferma salvatore della Costituzione e “alternativa” al secondo.
Onore al M5S per la protesta che sta portando avanti in Parlamento su tale questione, che in un paese normale non sarebbe nemmeno dovuta sorgere.
Contrastare la “deroga” all’art.138 Cost. significa riaffermare con vigore i valori della democrazia costituzionale, in primis quello per cui “Potestas legibus soluta non est”.
Valerio Medaglia
L’appello del Fatto Quotidiano – ‘Non vogliamo la riforma della P2’
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