Sono circa venti i senatori che sarebbero pronti a votare il governo di Enrico Letta in caso di crisi. I nomi cominciano a circolare nei corridoi di Palazzo Madama e non tutti smentiscono. Uno di loro esce allo scoperto e racconta al fattoquotidiano.it il suo "ragionamento politico"
Né falchi né colombe, provare a salvare B. ma evitare a tutti i costi la crisi, cercare la cosiddetta agibilità politica del leader senza però mettere in dubbio il governo Letta. La truppa dei senatori del Popolo della libertà al Senato è tutt’altro che solida. Parola di capogruppo pidiellino a Palazzo Madama Renato Schifani, che al Messaggero ha rivelato chiaro e tondo: “non abbiamo un gruppo compatto come quello del 2006. Se andiamo alla rottura e non c’è la sicurezza dell’esito elettorale, il gruppo chi lo tiene?”. Sintomi di crepe interne più che evidenti, di schegge che sfuggono alla logica dei falchi e delle colombe tutta interna al Pdl.
Il quotidiano romano aveva anche fornito una lista di senatori azzurri pronti a dare fiducia al governo Letta, sganciandosi dalle posizioni ufficiali del partito. Una lista di una ventina di senatori quasi tutti siciliani, peones inseriti nella lista dei “nomi sospetti”, che hanno tutti subito smentito il retroscena disegnato dal quotidiano. Quasi tutti a dire il vero, perché il palermitano Francesco Scoma, berlusconiano di lungo corso alla prima esperienza da senatore, preferisce argomentare. “E’ ovvio che Berlusconi rimane il leader assoluto del partito, ed è normale che il partito si muova per tutelarlo – dice al fattoquotidiano.it – ma qui non si può mettere sul piatto della bilancia il nostro senso di responsabilità nei confronti del Paese: la situazione è grave e noi non possiamo parlare di guerra civile”.
Il senatore siciliano, quindi, ha una visione decisamente più laica rispetto ai principali volti del partito del predellino: nessuna chiamata alle armi in stile Bondi, Verdini o Santanchè. “Non è che se una cosa la dice la Santanché vuol dire che la pensiamo tutti: qui non bisogna essere né falchi e nemmeno colombe, bisogna pensare a ricostruire il partito e a lavorare con responsabilità. Non si può certo dire che se a settembre non arrivano soluzioni certe poi si molla nel caos: bisogna fare un ragionamento politico. Mi riferisco anche a certi esponenti del Partito Democratico, autori di dichiarazioni belligeranti, quando invece dovrebbero comunque essere grati a Berlusconi che ha fatto nascere questo governo”.
C’è quindi la possibilità che alcuni pezzi del Pdl diano comunque la fiducia a Letta, andando contro gli ordini di scuderia? “Mi sembra abbastanza presto per ipotizzare una situazione del genere- risponde il senatore siciliano – certo è che non si può pensare di risolvere tutto già a settembre, bisogna avere pazienza, pensare a lavorare per Berlusconi ma garantendo anche il Paese da una possibile crisi”. Una posizione, quella di Scoma, che sarebbe condivisa anche da altri senatori pidiellini e che Schifani ha sintetizzato nella sua dichiarazione al quotidiano romano. “Per carità – mette le mani avanti Scoma – io non credo che quella di Schifani fosse un’intervista vera e propria: non ci sono spaccature di questo tenore, e non riesco ancora ad immaginare un Pdl senza Berlusconi. Ma è anche vero che il partito va riempito di contenuti, non basta cambiare il nome. Poi l’articolo del Messaggero mi ha definito peones, a me che ho fatto per cinque volte il deputato regionale in Sicilia e il vice sindaco di Palermo. Io che i voti li ho sempre presi da vent’anni senza essere garantito dal listino bloccato”. L’aria che tira tra i banchi azzurri di Palazzo Madama suggerisce che a pensarla così ci siano anche altri senatori oltre a Scoma: né falchi e né colombe.