Mancava giusto il complotto tra un ex comunista e la Cia. Scartate tutte le strade al Pdl restano solo le bufale. Mentre fa ballare il governo sull’Imu e si finge rassegnato il pregiudicato di Arcore cerca ancora una strada per costringere Napolitano a concedergli la grazia. Dopo averle battute tutte per tirare in mezzo il Presidente della Repubblica non gli resta che giocare di fantasia. Se ne incarica di buon’ora Maurizio Gasparri, ma con un tentativo così maldestro da essere smentito nel giro di poche ore, sia dal Quirinale che dal misterioso oggetto delle sue farneticazioni, l’avvocato milanese Cesare Bulgheroni, che gli rifila pure un assai poco onorevole: “Quella grazia? L’ho chiesta io e Gasparri, con rispetto parlando, sta dicendo una cazzata”.
Un passo indietro. E’ mattino presto quando il vicepresidente del Pdl passa alle agenzie l’ennesimo attacco frontale al Colle volto a rimuovere l’ostacolo della richiesta della grazia, ancora non pervenuta. Napolitano era stato lapidario in proposito, stampando il concetto in una nota del 13 agosto, ribadendo una volta per tutte che è l’interessato a doversene fare carico. Ma Berlusconi non si dà pace. “Questi magistrati – ha confidato a un fedelissimo – mi vogliono far fuori e il capo dello Stato non può restare con le mani in mano. È grazie a me se sta al Quirinale, l’abbiamo voluto noi, e non può tutelare solo una parte politica”. La grazia? “Io non ho fatto niente, sono innocente, perché dovrei chiedere la grazia? È Napolitano che deve trovare il modo di riparare a un’ingiustizia, a un evidente errore, a una persecuzione che può essere negata soltanto da chi è in malafede”.
Ma l’ostacolo resta e Gasparri si incarica di aggirarlo andando a ravanare ovunque pur di trovare un qualche appiglio che dimostri il contrario, che la richiesta non è affatto necessaria, che Napolitano può concedere l’atto di clemenza motu proprio e anzi, in vero, l’ha già fatto. Per dimostrarlo lavora di ingegno e tira fuori dal cilindro un parallelo che per qualche ora prende corpo: la grazia concessa ad aprile al colonnello della Nato Joseph Romano, l’unico militare americano (gli altri erano della Cia) condannato per il sequestro Abu Omar. “Tutto dipende da Napolitano”, improvvisa il vicepresidente Pdl Maurizio Gasparri in un’intervista a QN. “Il signor presidente della Repubblica – dice – nei mesi scorsi ha dato la grazia a un agente della Cia (in realtà un colonnello, comandante della base di Aviano, ndr) coinvolto nel caso Abu Omar. Ora dice che se Berlusconi vuole la grazia deve chiederla, ma perché a lui chi l’ha chiesta: la Cia? Lo dica, Napolitano, dica chiaramente su quali basi formali ha deciso quella grazia e ci faccia vedere le carte”.
Il punto per i berluscones sembra segnato. Napolitano, questo il ragionamento, piegò l’istituto della clemenza – che è motivato esclusivamente da finalità umanitarie – a finalità politiche. Anche allora lo fece contro il parere espresso dalla Procura, anche allora a seguito di una sentenza di condanna del Tribunale di Milano. Quante coincidenze, ragiona il falco del centrodestra: e allora perché non farlo oggi per Silvio, che pure gli ha permesso di mettere in piedi due governi (Monti e Letta) e risalire al Colle? Ed ecco che, trovata la quadra, Gasparri butta lì una quarta “coincidenza”, a completare il poker da calare presto sul tavolo del Quirinale (Alfano ci andrà a giorni). Ecco, dice Gasparri, in quel caso Napolitano si è sporcato le mani per concedere una grazia “politica” mentre ora per Berlusconi si tira indietro e non si presta. E allora avanti, per Dio, chi ha presentato quella richiesta di grazia? Chi è stato? Il mistero si scioglie presto con una semplice telefonata e non Washington ma a Milano. Ebbene, ecco la risposta: la grazia al colonnello Jospeh Romano non l’ha chiesta un fantomatico agente della Cia ma il suo legale, Cesare Bulgheroni, come vuole la legge che regola la materia. Che a ilfattoquotidiano.it, per altro, mostra sconcerto per un “caso” smaccatamente costruito a tavolino e sul nulla: “Certo che è stata presentata una formale richiesta al Presidente della Repubblica, l’ho presentata io perché ne ero titolato in qualità di legale, Gasparri scusi il termine ha detto una c…ta”, ha detto al Fattoquotidiano.it. Del resto chi fosse l’istante della domanda lo poteva apprendere senza troppi incomodi anche dalla nota ufficiale del Quirinale del 5 aprile scorso (scarica il comunicato) che annunciava il decreto di concessione, al secondo capoverso appena. Ma a un Pdl ormai disperato e pronto a tutto, con poche cartucce buone da sparare, fa molto più comodo accreditare il sospetto di un atto unilaterale, che prima contestava al Presidente della Repubblica e ora gli chiede di ripetere per salvare il “caro leader”, approfittando del fatto che istruttorie e decreti in materia di clemenza sono coperti dalla privacy. Nessun mistero, nessun parallelo. Solo una bufala d’agosto che si scioglie con una telefonata dietro casa.
Giustizia & Impunità
“Napolitano ha graziato senza richiesta”. L’ultima bufala Pdl per salvare Berlusconi
Tra le offensive al Colle un disperato tentativo di convincere il presidente alla clemenza verso il leader sulla base di un parallelo con il caso del colonnello americano Jospeh Romano, condannato per il sequestro Abu Omar. Gasparri provoca: "Ci dica presidente, chi l'ha chiesta la grazia la Cia?". Ma a ilfattoquotidiano.it l'avvocato del militare svela il finto mistero: "Dice una cazzata, l'ho presentata io"
Mancava giusto il complotto tra un ex comunista e la Cia. Scartate tutte le strade al Pdl restano solo le bufale. Mentre fa ballare il governo sull’Imu e si finge rassegnato il pregiudicato di Arcore cerca ancora una strada per costringere Napolitano a concedergli la grazia. Dopo averle battute tutte per tirare in mezzo il Presidente della Repubblica non gli resta che giocare di fantasia. Se ne incarica di buon’ora Maurizio Gasparri, ma con un tentativo così maldestro da essere smentito nel giro di poche ore, sia dal Quirinale che dal misterioso oggetto delle sue farneticazioni, l’avvocato milanese Cesare Bulgheroni, che gli rifila pure un assai poco onorevole: “Quella grazia? L’ho chiesta io e Gasparri, con rispetto parlando, sta dicendo una cazzata”.
Un passo indietro. E’ mattino presto quando il vicepresidente del Pdl passa alle agenzie l’ennesimo attacco frontale al Colle volto a rimuovere l’ostacolo della richiesta della grazia, ancora non pervenuta. Napolitano era stato lapidario in proposito, stampando il concetto in una nota del 13 agosto, ribadendo una volta per tutte che è l’interessato a doversene fare carico. Ma Berlusconi non si dà pace. “Questi magistrati – ha confidato a un fedelissimo – mi vogliono far fuori e il capo dello Stato non può restare con le mani in mano. È grazie a me se sta al Quirinale, l’abbiamo voluto noi, e non può tutelare solo una parte politica”. La grazia? “Io non ho fatto niente, sono innocente, perché dovrei chiedere la grazia? È Napolitano che deve trovare il modo di riparare a un’ingiustizia, a un evidente errore, a una persecuzione che può essere negata soltanto da chi è in malafede”.
Ma l’ostacolo resta e Gasparri si incarica di aggirarlo andando a ravanare ovunque pur di trovare un qualche appiglio che dimostri il contrario, che la richiesta non è affatto necessaria, che Napolitano può concedere l’atto di clemenza motu proprio e anzi, in vero, l’ha già fatto. Per dimostrarlo lavora di ingegno e tira fuori dal cilindro un parallelo che per qualche ora prende corpo: la grazia concessa ad aprile al colonnello della Nato Joseph Romano, l’unico militare americano (gli altri erano della Cia) condannato per il sequestro Abu Omar. “Tutto dipende da Napolitano”, improvvisa il vicepresidente Pdl Maurizio Gasparri in un’intervista a QN. “Il signor presidente della Repubblica – dice – nei mesi scorsi ha dato la grazia a un agente della Cia (in realtà un colonnello, comandante della base di Aviano, ndr) coinvolto nel caso Abu Omar. Ora dice che se Berlusconi vuole la grazia deve chiederla, ma perché a lui chi l’ha chiesta: la Cia? Lo dica, Napolitano, dica chiaramente su quali basi formali ha deciso quella grazia e ci faccia vedere le carte”.
Il punto per i berluscones sembra segnato. Napolitano, questo il ragionamento, piegò l’istituto della clemenza – che è motivato esclusivamente da finalità umanitarie – a finalità politiche. Anche allora lo fece contro il parere espresso dalla Procura, anche allora a seguito di una sentenza di condanna del Tribunale di Milano. Quante coincidenze, ragiona il falco del centrodestra: e allora perché non farlo oggi per Silvio, che pure gli ha permesso di mettere in piedi due governi (Monti e Letta) e risalire al Colle? Ed ecco che, trovata la quadra, Gasparri butta lì una quarta “coincidenza”, a completare il poker da calare presto sul tavolo del Quirinale (Alfano ci andrà a giorni). Ecco, dice Gasparri, in quel caso Napolitano si è sporcato le mani per concedere una grazia “politica” mentre ora per Berlusconi si tira indietro e non si presta. E allora avanti, per Dio, chi ha presentato quella richiesta di grazia? Chi è stato? Il mistero si scioglie presto con una semplice telefonata e non Washington ma a Milano. Ebbene, ecco la risposta: la grazia al colonnello Jospeh Romano non l’ha chiesta un fantomatico agente della Cia ma il suo legale, Cesare Bulgheroni, come vuole la legge che regola la materia. Che a ilfattoquotidiano.it, per altro, mostra sconcerto per un “caso” smaccatamente costruito a tavolino e sul nulla: “Certo che è stata presentata una formale richiesta al Presidente della Repubblica, l’ho presentata io perché ne ero titolato in qualità di legale, Gasparri scusi il termine ha detto una c…ta”, ha detto al Fattoquotidiano.it. Del resto chi fosse l’istante della domanda lo poteva apprendere senza troppi incomodi anche dalla nota ufficiale del Quirinale del 5 aprile scorso (scarica il comunicato) che annunciava il decreto di concessione, al secondo capoverso appena. Ma a un Pdl ormai disperato e pronto a tutto, con poche cartucce buone da sparare, fa molto più comodo accreditare il sospetto di un atto unilaterale, che prima contestava al Presidente della Repubblica e ora gli chiede di ripetere per salvare il “caro leader”, approfittando del fatto che istruttorie e decreti in materia di clemenza sono coperti dalla privacy. Nessun mistero, nessun parallelo. Solo una bufala d’agosto che si scioglie con una telefonata dietro casa.
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Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "Il Jobs Act è una legge che ha creato oltre un milione di posti di lavoro, più della metà a tempo indeterminato, e che ha introdotto tutele fondamentali come l’eliminazione delle dimissioni in bianco. La decisione della Corte Costituzionale che dà il via al referendum relativo al Jobs Act ci trova quindi pronti: spiegheremo ai cittadini quanto sarebbe sbagliato cancellare queste conquiste che creano posti di lavoro, sviluppo e tutele". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva.
"Quanto al referendum sull’autonomia, accettiamo il verdetto della Consulta che dopo la precedente pronuncia sulla legge Calderoli appariva pressoché scontata. Ogni modifica sull’autonomia differenziata passerà dal Parlamento, e lì ci faremo trovare pronti e determinati".
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "Le mie più sentite congratulazioni al presidente Trump per l’inizio del suo secondo mandato. Il popolo americano ha fatto una scelta chiara, che riflette l’impegno per la crescita economica, la sicurezza e la sovranità nazionale”. Lo scrive su X il Co-Presidente del gruppo dei conservatori al Parlamento europeo, Nicola Procaccini dí Fratelli d’Italia.
“Noi dell'Ecr condividiamo molte delle priorità delineate dal presidente Trump: contrastare l'immigrazione clandestina, garantire comunità più sicure, tagliare le tasse e la burocrazia e ripristinare la competitività economica. Queste non sono solo priorità americane, ma anche europee”.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La Sardegna, con il nostro ricorso accolto dalla Corte lo scorso novembre, ha difeso la sua specialità e contrastato una legge iniqua. Una legge che la Corte stessa, ascoltando le preoccupazioni delle Regioni promotrici, ha già demolito e svuotato perché ci toglieva risorse e ci condannava a restare indietro. Se il capogruppo della Lega Veneta ha dichiarato recentemente che il Veneto vale più della Sardegna, per farci capire cosa si intende per differenziata, noi invece continueremo a difendere con le unghie e con i denti le risorse e le opportunità che le spettano”. Così la presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - “Sul referendum sulla cittadinanza daremo battaglia nel nome dell’estensione dei diritti e per superare una legislazione particolarmente arretrata. Si tratta di un referendum promosso da un vasto arco di soggetti, tra cui numerose associazioni dei nuovi cittadini, persone a cui per troppo tempo è stata tolta la voce. Lotteremo al loro fianco”. Così in una nota Pierfrancesco Majorino della segreteria del Partito Democratico, responsabile Immigrazione.
Washington, 20 gen (Adnkronos) - Non è stato un blitz come quello di Mar a lago, rivelatosi determinante per la liberazione di Cecilia Sala, ma una intera giornata quella che Giorgia Meloni ha dedicato, per la seconda volta in un mese, a Donald Trump. La premier non è voluta mancare all'inauguration day del presidente americano, sottolineando quanto sia importante "dare una testimonianza della volontà di continuare e rafforzare" la relazione Italia-Usa.
E questa "testimonianza" la premier l'ha data plasticamente già di primo mattino, quando insieme alla famiglia Trump, a quella del vice presidente Vance e pochi altri, ha preso parte alla messa di 'benedizione' del neo commander in chief alla chiesa episcopale di st John, proprio di fronte alla Casa Bianca. Poi il trasferimento alla Rotonda del Campidoglio, a Capitol hill, per il giuramento spostato al chiuso a causa dell'ondata di gelo che ha stretto Washington. Con lei, oltre ai diplomatici, la fida Patrizia Scurti in delegazione.
Meloni siede sotto lo sguardo della statua di Abramo Lincoln, nei posti riservati ai capi di Stato e di governo invitati da Trump. Una sparuta elite che comprende la presidente del Consiglio (unica leader Ue) e, tra i pochi altri, il presidente argentino Javier Milei, con cui Meloni chiacchiera a lungo inquadrati più volte dalle telecamere di Fox news, che non ha perso una battuta della giornata-evento.
(Adnkronos) - A pochi passi, i 'big tech Ceo' che Trump ha voluto come ospiti vip della cerimonia e che l'hanno sostenuto nel suo cammino di ritorno alla sala ovale: Tim Cook, Jeff Bezos, Sandor Picahi, Sam Altman, Mark Zuckenberg e ovviamente Elon Musk. Sui social, è il capo delegazione di FdI-Ecr all'Europarlamento Carlo Fidanza, a Washington con un piccola pattuglia di parlamentari italiani ospiti dei Repubblicani Usa, a dare il senso politico della 'foto di Capitol hill' della Meloni: "La nostra presidente è ormai riconosciuta da tutti come l’interlocutrice privilegiata di Trump in Europa".
Nella sua valutazione del Trump day, Meloni al mattino è più ecumenica: "Penso sia molto, molto importante per una nazione come l’Italia che ha rapporti estremamente solidi con gli Stati Uniti dare una testimonianza della volontà di continuare e se mai rafforzare quella relazione in un tempo nel quale le sfide sono globali e interconnesse", spiega prima di lasciare l'albergo.
Più tardi su X augura buon lavoro a Trump e assicura: "Sono certa che l’amicizia tra le nostre Nazioni e i valori che ci uniscono continueranno a rafforzare la collaborazione tra Italia e Usa", per poi sottolineare: "L’Italia sarà sempre impegnata nel consolidare il dialogo tra Stati Uniti ed Europa, quale pilastro essenziale per la stabilità e la crescita delle nostre comunità".
(Adnkronos) - Per il ministro dell'Ue Tommaso Foti, la missione di Meloni a Washington "conferma il ruolo cruciale che, nel prossimo futuro, la nostra Nazione intende giocare nelle relazioni transatlantiche, ponendosi come ponte strategico tra Europa e America".
In questo contesto, e anche per il rigido protocollo che governa l'insediamento del presidente americano, si stempera anche l'attesa per un faccia a faccia Meloni-Trump, prima auspicato e poi annunciato alla vigilia anche da Fidanza. "Non era previsto, non era il contesto e non ci sarà problema a farlo in futuro", è il senso del ragionamento dell'entourage della premier. Così, direttamente lasciando ad un certo punto le lunghe celebrazioni, Meloni può salutare e tornare subito in Italia.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La decisione della Consulta che ha sancito l’ inammissibilità del referendum abrogativo sull’autonomia conferma che la riforma scritta dal ministro Calderoli è, come sapevamo, coerente e corretta nel rispetto delle previsioni costituzionali. Per cui avanti con l’iter della riforma e con i negoziati con le regioni che hanno già richiesto le prime materie ‘non Lep’, come la Lombardia. Avanti tutta con l’autonomia!”. Lo dichiara il segretario regionale della Lega Lombarda Salvini Premier e presidente dei senatori della Lega Salvini Premier, senatore Massimiliano Romeo.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La Corte Costituzionale, dichiarando inammissibile il referendum sull’autonomia, perché ‘l’oggetto e la finalità del quesito sono poco chiari’, ha bocciato l’opposizione. D’altra parte, cosa ci si può aspettare da una sinistra incapace anche di scrivere i quesiti da sottoporre ai cittadini per una consultazione popolare? Per quanto ci riguarda, noi andiamo avanti con il percorso riformatore, nell’interesse dell’Italia”. Così la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, Licia Ronzulli.