Antonio Pentangelo, facente funzione dopo le dimissioni di Luigi Cesaro, ha deciso di firmare nuovi contratti di lavoro anche se tra pochi mesi chiuderà i battenti. "Fino a quando esisteremo andremo avanti" ha spiegato
Può un ente pubblico destinato a morire tra quattro mesi programmare nuove assunzioni? Certo che può, hanno risposto dalla Provincia di Napoli, che non si rassegna a essere cancellata dall’imminente istituzione delle Città Metropolitane. E così in pieno agosto, mentre i controlli si allentano, gli uffici si svuotano e le opposizioni vanno al mare, un presidente facente funzioni e non eletto dai cittadini, il pidiellino Antonio Pentangelo erede del più noto Luigi ‘a Purpetta’ Cesaro, ha riunito un manipolo di assessori per celebrare quella che il costituzionalista Massimo Villone ha definito “una seduta spiritica per richiamare un ente che fu”.
In due giunte tra il 5 e l’8 agosto Pentangelo&C. hanno verificato che la Provincia soffre una carenza di personale – ‘soli’ 32 dirigenti e 1303 dipendenti contro un fabbisogno in pianta organica di 47 dirigenti e 1977 dipendenti – e di conseguenza hanno stabilito che c’è urgente bisogno di reclutare 34 nuove unità, volendo, tra settembre e marzo dell’anno prossimo: 5 dirigenti (2 a tempo indeterminato e 3 a tempo determinato), 5 impiegati attraverso la mobilità interna, 6 rappresentanti delle categorie protette e 20 istruttori di vigilanza per i quali si doveva attingere da un concorso bandito un paio di anni fa e poi sospeso sotto la scure dei tagli del governo. Singolare operazione, svelata dal cronista de Il Mattino Livio Coppola. Fa a cazzotti col buon senso, visto che la Provincia di Napoli cesserà di vivere con la nascita delle Città Metropolitane, in calendario il 1 gennaio 2014.
Non combacia col decreto legge di fine luglio che ha ribadito il divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, divieto peraltro ricordato dalla giunta Pentangelo nel corpo della delibera. E allora perché ipotizzare nuove assunzioni, anche se all’apparenza solo sulla carta? “Fin quando esisteremo andremo avanti – replica Pentangelo – le Province hanno un ruolo ben preciso che deve essere esercitato per il bene della collettività. Non possiamo considerare questi enti finiti, perché non esiste alcun atto formale che parla in tal senso. Anzi recentemente un decreto legge in materia è stato definito dalla Consulta anticostituzionale . Allo stato esiste solo un disegno di legge di un governo dal futuro assai incerto e noi come Provincia di Napoli dobbiamo continuare a svolgere le nostre funzioni sul territorio”. In parole povere, chi l’ha detto che le province verranno sciolte davvero? Meglio tenersi pronti a sorprese e ripensamenti. E tenere calda la macchina dei concorsi e dei contratti. Sarà. Ma da tempo la politica di destra e di sinistra promette e annuncia l’abrogazione delle province, sostanzialmente superflue, progressivamente svuotate di risorse e competenze, utilizzate come panchina per politici a fine carriera o amministratori rimasti a spasso e in attesa di un incarico migliore. E i principali testimonial dell’inutilità delle province sono proprio molti dei loro (ex) presidenti: nell’ottobre dell’anno scorso si dimisero in tanti per puntare a uno scranno in Parlamento.
Passò il messaggio che è meglio fare il peone a Roma che il capo di una provincia. Tra i fuggitivi anche Luigi Cesaro, per il quale fu varata una complicata procedura di ‘decadenza’ in modo da consentire alla giunta e al consiglio provinciale di Napoli di rimanere in carica fino al 2014 con un facente funzioni, Pentangelo. Che pochi mesi fa si è candidato senza successo a sindaco di Castellammare di Stabia (Napoli). Ulteriore dimostrazione che il primo pensiero di chi guida la Provincia è quello di riuscire a fare altro.
da Il Fatto Quotidiano del 25 agosto 2013