A un mese esatto dall’assassinio di Mohamed Brahmi e dalla conseguente reazione della opposizione, la Tunisia è giunta a un passo dalla svolta: Ennahda – il partito islamista che aveva vinto le elezioni di ottobre 2011 – accetta di lasciare il governo e di sostenerne uno provvisorio di indipendenti e tecnici che prepari le elezioni. L’annuncio è arrivato in un’intervista al suo leader Gannouchi a Nesma Tv, la tv di Ben Ammar, fino a poco tempo fa considerata nemica degli islamisti. 

Gannouchi ha annunciato che il suo partito concorda sulla necessità che il governo sia formato da personalità al di fuori dei partiti e che non si presenteranno alle elezioni. E invita anche il presidente della Repubblica e alleato Marzouki, a dimettersi o a decidere che non si presenterà alle elezioni. E’ da settimane che Ennahda si dichiarava disponibile a un esecutivo di unità nazionale ma voleva che a guidarlo ci fosse ancora un suo esponente. Ora l’ostacolo è stato rimosso e la strada per un accordo si è finalmente aperta, mentre era appena cominciata la settimana di mobilitazione indetta dall’opposizione, riunita nel Fronte di Salvezza Nazionale. A questo risultato si è arrivati grazie alle grandi manifestazioni del 6 e del 13 agosto e ai costanti sit-in in piazza del Bardo, davanti al Parlamento. E per effetto degli scontri in Egitto che hanno fatto molta impressione in Tunisia.

Ma c’è una sola persona in Tunisia che in queste settimane ha negoziato con tutte le parti politiche, incontrando più volte i dirigenti di Ennahda e quelli dell’opposizione e cercando il dialogo col Presidente dell’Assemblea NazionaleBen Jaffar, alleato con Ennahda ma socialdemocratico – per staccarlo dalla difesa degli equilibri ormai obsoleti usciti dalle elezioni dell’ottobre 2011. E’ il segretario generale del sindacato Ugtt, Hocine Abassi, che ha intuito la fondatezza della rivendicazione del governo indipendente di transizione e, al contrario, la scarsa praticabilità di quella proveniente dai banchi dell’opposizione, ovvero lo scioglimento dell’Assemblea Costituente

65 anni, ex funzionario sindacale di Kairouan, una intera vita nella burocrazia sindacale, senza particolare carisma né ambizioni politiche. Abassi ha solo interpretato fino in fondo, primus inter pares, verificando quale fosse la posizione degli organismi dirigenti di Ugtt, unica vera organizzazione di massa della Tunisia. Dalla lotta per la indipendenza dalla Francia la Ugtt è da sempre un’istituzione e un soggetto politico nazionale. Nel gennaio 2011 fu sua la decisione di proclamare lo sciopero generale a dare il colpo decisivo a Ben Ali. In questa crisi dell’estate 2013 in Tunisia la Ugtt ha da un lato preso tempestiva posizione proponendo il governo tecnico di transizione, dall’altra si è prestata – e in particolare ha prestato Abassi – a un ruolo di mediazione e di negoziato in una fase in cui non c’erano contatti diretti tra islamisti e opposizione.

Ora ad Abassi dovrà trattare su chi saranno le personalità del governo di salvezza nazionale. “Non sarò il generale Sissi (il nuovo capo dell’esercito egiziano, ndr) che depone il governo in Tunisia – aveva detto qualche giorno fa – ma non sarò neanche mediatore all’infinito”. Con il consenso anche di Utica, la associazione degli imprenditori tunisini, la Ugtt sta riuscendo a fare da levatrice a una svolta politica radicale ma pacifica. Un governo a guida islamista, uscito dalle urne, che va a casa prima delle prossime elezioni.

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