Ad Ancona, dal 24 al 31 agosto si svolge il Festival Internazionale Adriatico Mediterraneo. Una rassegna di cultura che quest’anno celebra, tra l’altro, i 2400 anni della fondazione della città e l’ingresso in Europa della Croazia. Un appuntamento che coinvolge luoghi simboli della città. Come la Chiesa del Gesù, l’Arco di Traiano, la Marina Dorica, la Loggia dei Mercanti e la Casa delle Culture. Ma dal quale sembrano rimanere esclusi parti non meno significative. Diversi luoghi dell’archeologia. Abbandonati, dismessi. Da quel che si vede ai margini della Cultura.
Variopinte farfalle insieme a quelle, più numerose, bianche, si spostano da un fiore all’altro. Quelli gialli del tarassaco e quelli viola dei cardi selvatici. E quelli, rossi e bianchi, sui cespugli di oleandro. Non manca qualche passero. Che si sposta rapidamente dai frutti che le tantissime more portano, ai piccoli alberi di ligustro sui quali spiccano mazzetti di bacche nero-bluastre. Qua e là alberi di ailanto. Più raramente di corbezzolo e di fico. Beneficiando dell’acqua, assicurata in continuità da un “sistema involontario”, nelle parti più in ombra, prosperano numerose felci.
Il moderno quadro bucolico, lo squarcio di natura quasi incontaminata, di tanto in tanto “profanato” dalle sirene delle grandi navi da crociera ferme a poca distanza, nel porto. Dai rumori dei motori delle auto e dei tir in attesa di imbarcarsi. Dei consueti lavori di manutenzione a barche e barchette, all’attracco. In realtà la natura rigogliosa è una coperta che nasconde un’ampia area archeologica. Anzi l’ha quasi inghiottita.
Eppure i muri in opera laterizia e mista e le mura in opera quadrata si sviluppano anche per notevole altezza e sono di larghezze tutt’altro che esigue. L’idea iniziale di musealizzazione, apprezzabile. Con la passerella che quasi perimetra il rettangolo dell’area, sul lato del mare. E l’impianto di illuminazione notturna. E l’ingresso, su uno dei lati brevi. Peccato che la scaletta che dovrebbe raggiungere il piano antico, di qualche metro inferiore rispetto a quello attuale, s’interrompa prima. Forse anche perché non sembra si sia pensato ad un percorso di visita interno. Peccato che le tettoie a copertura delle strutture, evidentemente provvisorie nelle intenzioni dei progettisti, col tempo siano almeno in parte collassate. Soprattutto, le gronde di deflusso delle acque meteoriche siano deteriorate e dunque inefficaci allo scopo. In attesa di restauri e consolidamenti i resti in più precario stato di conservazione erano stati contraffortati con tavole sostenute da tubi innocenti a contrasto ed alcune creste di muro ricoperte con teli di tessuto non tessuto. Da quel che si vede la sistemazione provvisoria si è tramutata in definitiva.
Siamo sul Lungomare Vanvitelli, di fronte alla Casa del Capitano del Porto, ad Ancona, città da sempre portuale. Anche nell’antichità. Anzi in età romana sede di un’attrezzatura portuale all’avanguardia per i tempi. Una delle più importanti del Mar Adriatico. Strutture ed infrastrutture grandiose. Con una serie di magazzini disposti lungo l’intero arco litoraneo. Ed infatti a questi si riferiscono la gran parte delle strutture della malmessa area archeologica. Ambienti voltati, a più piani, relativi alla sistemazione augustea prima e traianea dopo, comprensivi della ristrutturazione tardo-antica. Messi in luce alcuni anni fa dai lavori per la realizzazione di un parcheggio. Altri resti si troverebbero nelle immediate vicinanze, all’estremità della strada, al disotto dell’Istituto nautico “Elia”, non troppo lontano dall’arco di Traiano. Sfortunatamente non accessibili e soltanto genericamente segnalati nei pressi di un arco medievale. Da quel che può vedersi dall’esterno, in condizioni di conservazione tutt’altro che ottimali. Un’edera rampicante ha ricoperto per l’intera altezza anche le strutture più cospicue, mentre in basso il piano antico risulta invaso da immondizie di ogni tipo.
Percorrendo lungomare Vanvitelli in direzione di Largo Alighieri, il fronte dei palazzi sul lato verso monte s’interrompe per un non breve spazio. Superata la vegetazione spontanea si può raggiungere una bassa tettoia. “Dentro”, aldilà della cancellata in ferro, s’intravvede qualcosa. Coperta da felci e muffe, provocate dall’acqua piovana che vi penetra, si conserva un bel tratto del circuito più esterno delle mura antiche, in blocchi parallelepipedi. La mancanza di qualsiasi tipo di indicazione ne mortifica la rilevanza.
L’archeologia ad Ancona, che ospita nei locali della Chiesa di S. Maria Nuova la sede della Soprintendenza archeologica delle Marche, offre molto altro. Ad esempio il bell’anfiteatro che faticosamente continua ad essere indagato per settori. Ma che soffre di una “cura” inadeguata alle necessità. Come indicano gli arbusti visibili nel tratto in prossimità del Palazzo Arcivescovile. Quello nel quale è riconoscibile facilmente il caratteristico profilo curvilineo, sul quale si sono impianttie gli edifici più recenti. O, anche, i poderosi basamenti in laterizi con contrafforti verso valle, resti del porticato che perimetrava il foro della città romana.
Identificati lungo via Ferretti tra il 2002 e il 2004, proprio di fronte al Palazzo Ferretti, sede del Museo Archeologico Nazionale delle Marche, con la ricchissima collezione di materiali piceni. Per questi c’è la recinzione dell’area ed anche un pannello esplicativo. Utile più che mai considerando che risulta particolarmente complicato individuare le diverse strutture. Riconoscerne perfino l’ingombro. Alberi di fichi sul lato di fondo e rigogliosi rovi nella porzione di scavo che prospetta sulla strada obliterano quasi completamente la vista di quelle importanti testimonianze.
Ancora, ci sarebbero, pochi metri oltre lungo via Ferretti, in direzione del palazzo degli Anziani, i resti delle terme. Seguendo l’indicazione su strada si trovano facilmente. Senza però alcuna possibilità di arrivarvi. I rovi impediscono di perimetrare la piccola area archeologica, risparmiata tra i palazzi e riconoscibile anche dalla copertura, e così ammirare i resti di uno degli edifici più rappresentativi della città antica.
Grandi potenzialità non sviluppate. Spazi che invece di attrarre, sembrano respingere, allontanare. I luoghi dell’archeologia quasi sempre segnalati dall’incuria. La città che ha l’ambizione di guardare al Mediterraneo con il Festival Internazionale, giunto alla VII° edizione, non sembra capace di specchiarsi, di guardare entro i propri confini.