Nel conflitto siriano si intrecciano vari fattori ed elementi di fondo. C’è un movimento di opposizione, alquanto composito, che da qualche tempo si esprime contro il regime di Assad. C’è una sorta di guerra religiosa internazionale fra sunniti e sciiti. C’è l’interventismo di varie potenze esterne, arabe (Arabia Saudita, Qatar), la Turchia, l’Iran, e quelle occidentali (Francia, Gran Bretagna, Usa).
Interesse di queste ultime è sempre quello di approfittare delle contraddizioni esistenti per estendere, riaffermare e consolidare il proprio dominio neocoloniale. Quella della tutela dei diritti umani è, da questo punto di vista, una motivazione apparentemente valida quanto sostanzialmente pretestuosa. Come pretestuosi sono gli eventi che vengono assunti come casus belli. Ai tempi dell’Iraq ci furono le misteriose provette sventolate dal segretario di Stato statunitense dell’epoca in piena Assemblea generale delle Nazioni Unite. Oggi l’altrettanto misterioso eccidio di civili che settori dell’opposizione armata e i servizi segreti occidentali attribuiscono alle armi chimiche che sarebbero state usate dal regime.
Entrambi i soggetti ora menzionati non possono evidentemente godere in questo caso della benché minima credibilità, dato che hanno entrambi fortemente interesse a che l’intervento occidentale contro Assad avvenga. Secondo alcuni fonti esisterebbero peraltro prove basate su rilevazioni satellitari russe che attribuiscono il lancio dei missili a gruppi salafiti. L’inchiesta imparziale svolta dalle Nazioni Unite non si è ancora svolta ed è noto come il Consiglio di sicurezza sia diviso sul da farsi, date le comprensibili contrarietà di Russia e Cina dopo che, nel caso della Libia, l’autorizzazione all’intervento umanitario venne spudoratamente strumentalizzata dalla Nato per liquidare il regime di Gheddafi, determinando la morte di migliaia di persone.
Va ricordato che il principio guida del diritto internazionale nel caso di guerre civili è quello della neutralità e del non intervento. Qualora avvengano violazioni massicce dei diritti umani è ammissibile un intervento che mantenga però un carattere di imparzialità e sia strettamente finalizzato a far terminare tali violazioni. Nel caso del sanguinoso conflitto siriano le principali organizzazioni umanitarie hanno accertato massacri ed atrocità sia da parte del regime che da parte dei ribelli.
Occorrerebbe quindi una pressione internazionale forte e un blocco dei rifornimenti di armamenti che spinga le parti a negoziare, con un cessate il fuoco, inchieste imparziali sulle violazioni dei diritti umani e apertura di spazi di espressione democratica. Creando quindi le condizioni per emarginare i gruppi terroristici di tipo qaedista e dare invece voce in capitolo alla società civile, a partire dai settori, come i kurdi, che si sono organizzati autonomamente e hanno affermato il proprio diritto all’autodifesa.
L’intervento armato delle potenze occidentali che si sta delineando acuirebbe invece senz’altro la situazione di caos esistente e creerebbe pericolosissimi motivi di tensione a livello internazionale, data la frattura insanabile in merito tra Cina e Russia, da un parte e occidentali dall’altra. Più che a preoccupazioni di carattere umanitario assolutamente pretestuose tale intervento risponderebbe alle necessità di una spietata sfida per l’egemonia in campo mondiale e all’interno dello stesso campo occidentale.
L’Europa, come al solito è divisa. Una nota positiva è data dalla posizione contraria all’intervento espressa dalla Germania, come pure da quella del ministro degli esteri Emma Bonino, la quale, una volta tanto per quanto riguarda il triste record di subalternità atlantica seguita in genere dai nostri governi, ha dichiarato una netta contrarietà al piano statunitense. Durerà? Io non ci credo, ma vorrei sbagliarmi. Occorre tenere per quanto possibile l’Europa e il nostro Paese lontani da quella che si configura come una terribile trappola nella quale Obama, che più che mai si rivela privo di spazi di decisione autentica e si piega a quanto stabiliscono i poteri strategici del suo Paese, sta cadendo con tutte le scarpe e dalla quale faticherà molto ad uscire dovendo fronteggiare più che giustificate opposizioni interne ed esterne. E’ intanto opportuno che il movimento contro la guerra si faccia sentire con forza.