Ho volutamente citato Pippo Civati nel mio post su Facebook di ieri sera perché la “cancellazione” (finta) dell’Imu sanciva un’altra sua sconfitta. Un dato di fatto, che ho sottolineato non certo con godimento ma come mera realtà di fatto. 
 
E’ del tutto evidente che, se fossi un elettore del Pd, voterei Civati. Il segretario migliore, o anche solo meno peggiore, per quanto irrilevante anche da vincitore: il Pd del futuro, se vorrà vincere, dovrà affidarsi interamente a Renzi.
 
Lo stesso Civati, in un post successivo al mio, coi soliti toni da bambino bizzoso che non accetta di contare nel suo partito come i Jalisse nella storia della musica, riconosce che sull’Imu ha perso. Un’altra volta. E continuerà a perdere, magari volutamente, finché coltiverà la sua correntina-spiffero (per citare il suo ex amico Matteo) all’interno di un partito che fa sempre tutto ciò che lui non vorrebbe.
 
O Civati è masochista, o il suo martirologio è calcolato. In entrambi i casi, o esce dal partito (dopo essersi tolto lo sfizio di arrivare secondo o terzo nella corsa per diventare il “Segretario di Pirro” alla corte di Renzi) o si copre definitivamente di ridicolo. Giustificando peraltro le accuse di carrierismo furbino.
Nel suo post, intitolato drammaticamente “Imu, Imho“, Civati ammette a fatica che avevo ragione. Poi però mi ricorda (oibò, che bimbo birbo) che M5S “è favorevole all’abolizione totale dell’Imu sulla prima casa, eh”, sottintendendo implicitamente che “salvando” in parte l’Imu mi troverei in disaccordo con Grillo: e sticazzi, caro Pippo Tentenna? Ce lo vogliamo mettere o aspettiamo l’autorizzazione di Epifani o Casaleggio? 
 
Lo so bene che M5S reputa incostituzionale l’Imu. E so ancora di più che, con quella sua aggiunta, Civati svela un preciso modo di ragionare: da uomo di partito, fedele alla linea anche quando dice di non esserlo (ha votato nel 98% dei casi allo stesso modo di Capezzone: complimenti), Pippo non concepisce l’idea che un giornalista sia libero e per questo non vincolato al pensiero di questo o quello.
 
Se volevo fare carriera in politica, caro Pippo, la facevo. Ma faccio un altro mestiere, che non è quello (a differenza tua?) dello yesman, per quanto più o meno vagamente riottoso.
Ho il mio punto di vista, che a volte coincide con M5S e a volte no. L’ho votato, forse lo rivoterò e forse no. A differenza tua, io non devo dare giustificazioni o praticare arrampicate di specchi, semplicemente perché non ho obblighi di obbedienza a Grillo o Crimi (e dai, su), mentre tu hai l’obbligo di votare allo stesso modo di Boccia o Santanché (che antiemetici usi?).
Se ce la fai, tra un Salamella Tour, un post da supergiovane, la 122esima dissertazione appassionante sulle regole del Congresso in autunno, un’intervista-sfogo alla tivù rionale del Circolo Bocciofila di Vitiano e quella tua eterna reiterazione di vorrei-ma-non-posso furbini, fattelo crescere un po’ di coraggio. Tirali fuori, prima o poi, gli zebedei. Esci dal Pd, mettiti in gioco e prova a costruire qualcosa di realmente alternativo. Se ce la fai. 
 
La tua retorica della “scalata dall’interno”, ripetuta come un mantra autoassolutorio, mette tenerezza; sia perché falsa (il Pd è il partito meno scalabile d’Italia, infatti ha la stessa dirigenza fantozziana da vent’anni) e sia perché sembra l’alibi perfetto per uno che gioca al rivoluzionario, stando però ben attento che ogni sera – prima di andare a letto – il Partito gli rimbocchi le coperte e lo tenga al calduccio.
 
 
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