Sinead Taylor è diventata un personaggio molto noto in Gran Bretagna dopo aver diffuso su Youtube un video in cui raccontava come aveva superato i suoi problemi con chi la vessava. La polizia ha classificato il caso come “non sospetto”, escludendo quindi la violenza o l’omicidio
Un mito delle giovani ragazze vittime di bullismo, un mito che ora ha cessato di vivere. E il Regno Unito, ora, si trova costretto a scendere a compromessi con un fenomeno nascosto, sotterraneo ma assai pericoloso. Sinead Taylor, 15 anni, è stata trovata priva di vita, qualche giorno fa, a casa sua. La polizia non ha rivelato le esatte cause della morte, ma la giovane, dallo scorso 11 giugno, era diventata molto famosa nel Paese per aver postato su YouTube un video di nove minuti con il quale raccontava la sua esperienza di vittima di bullismo e con il quale dava consigli a tutte le sue coetanee tormentate da risolini, attacchi verbali e spesso fisici, boicottaggi e indifferenza. “Mi hanno sempre trattato male – disse – sia alle elementari che durante i primi due anni della scuola secondaria”. Il motivo? Sinead forse, agli occhi delle sue compagne, appariva troppo mascolina e veniva chiamata “tomboy”, nomignolo dispregiativo che viene affibbiato, spesso, alle giovani lesbiche e bisessuali. O presunte tali, magari solamente ragazze che non indossano una gonna, che non si truccano e che amano i capelli corti e i cappellini da baseball.
Nel video, assai commovente, la ragazza, dopo aver ammesso di essersi procurata volontariamente del male fisico, per reazione, disse: “L’autolesionismo non serve, ma rende le cose più difficili. Allo stesso modo, anche suicidarsi rende le cose più difficili. Farsi del male non serve, rende la situazione peggiore. E sono giunta a questa conclusione dopo lunghe riflessioni”. Poi, nel filmato, si diceva felice per il suo nuovo fidanzatino e diceva di voler diventare una ballerina professionista. Sogni di vita ora infranti, con una famiglia distrutta in una zona, Woolwich, dalle forti tensioni e dal tessuto sociale molto fragile. Ignote, appunto, le cause della morte e i suoi amici, su Facebook, ora chiedono il rispetto della privacy. Ma alcuni parenti, intervistati dalla stampa locale londinese, si sono detti assai sorpresi dall’accaduto: “Sinead sembrava non mostrare alcun problema, anzi, conosceva benissimo la differenza fra il bene e il male”. Tuttavia, la polizia ha classificato la morte come “non sospetta”, escludendo quindi la violenza o l’omicidio.
La vicenda arriva, inoltre, a pochi giorni dal funerale di Hannah Smith, la quattordicenne che lo scorso 2 agosto si tolse la vita dopo essere stata vittima di “bullismo informatico”. Proprio oggi Hannah avrebbe dovuto iniziare a frequentare il college Lutterworth nel Leicestershire e il suo caso ha fatto scalpore dopo la denuncia del padre, che ha accusato pubblicamente un social network di aver consentito ai bulli informatici di vessare la propria figlia. Il sito, Ask.fm, sta ora rivedendo la propria politica dei commenti, dei forum e delle chat, dopo essere entrato nell’occhio del ciclone. Addirittura il premier David Cameron si era espresso contro il bullismo informatico, denunciando un clima di terrore che spesso coinvolge i giovani che frequentano la Rete. “Ora ricordiamola e celebriamo la sua vita”, ha detto un insegnante durante il funerale. “Siamo tutti devastati, ma dobbiamo fare i conti anche con queste realtà”.