Il presidente del Consiglio alla kermesse democratica di Genova: "Non è il governo che volevo. Decadenza di Berlusconi? Vicenda separata da governo". Ma il primo cittadino di Firenze a Forlì incalza: "Il Cavaliere dovrebbe andarsene da solo". Da Bassano del Grappa, in collegamento telefonico l'ex premier sembra rispondere: "Se la sinistra mi elimina, cade tutto"
Il presidente del consiglio Enrico Letta arriva al Porto antico di Genova per aprire la Festa nazionale del Pd. Intervistato dal direttore del Tg1 Mario Orfeo, Letta difende le larghe intese: ”Questi quattro mesi non son stati solo di compromesso ma hanno cambiato l’Italia”. Poi rivendica la scelta di aver sostituito l’Imu con la Service tax che “sarà più bassa della somma di Imu e Tares e rispetta criteri di equità e progressività”.
A 400 km di distanza è Matteo Renzi l’ospite d’onore della festa democratica di Forlì. Ma se il premier va molto cauto rispetto alla decadenza di Silvio Berlusconi dopo la condanna a 4 anni per frode fiscale nell’ambito dell’inchiesta Mediaset, Renzi è lapidario: “In un qualsiasi Paese civile, un leader che viene condannato in via definitiva va a casa lui, senza aspettare che venga interdetto. Va a casa da sé perché è così, e lo diciamo con il massimo rispetto”. Molto più cauto è il premier che, a domanda diretta sulle possibili conseguenze del voto della Giunta per le immunità sulla decadenza da Senatore del Cavaliere, in programma per il 9 settembre, risponde premettendo “i tre obiettivi del governo”, ossia “ricreare l’agibilità del campo da gioco politico cambiando la legge elettorale” in primis, per evitare di dover “essere costretti a rifare larghe intese dopo il prossimo voto”; in secondo luogo, “le scelte di uscita dalla crisi”; infine, “il ruolo dell’Europa”. Le parole sul peso politico della decadenza del Cavaliere arrivano solo dopo e sono distensive: “Il governo si deve occupare di questi obiettivi. Il resto è compito della Giunta del Senato. Chi crea connessioni improprie tra le decisioni della giunta e la caduta del governo dovrà spiegarsi con gli italiani”. Stesso concetto che Letta aveva spiegato davanti alla folla del Meeting di Rimini del 18 agosto scorso quando, puntando il dito contro i “professionisti del conflitto” aveva detto: “Gli italiani puniranno chi ostacola l’uscita dalla crisi”.
Silvio Berlusconi risponde a distanza. In un collegamento telefonico con il direttivo de “L’esercito di Silvio” minaccia la caduta del governo in caso di sua decadenza. “Sarebbe disdicevole se il governo cadesse, ma naturalmente non siamo disponibili a mandare avanti un governo se la sinistra dovesse intervenire su di me, sul leader del Pdl, impedendogli di fare politica”, tuona Berlusconi da Bassano del Grappa. Ma Letta da Genova prosegue senza riferimenti all’ex premier. Il discorso si conclude sul futuro congresso che il Pd dovrà tenere a fine settembre e che vede contrapposti Enrico Letta e Matteo Renzi alla guida del partito: ”Non voglio entrare nelle vicende del congresso ma dico solo che serve un segretario che come primo compito si impegni a fare il segretario, è già un compito impegnativo”, ha detto il presidente del consiglio. Una stoccata al sindaco di Firenze che chiede da tempo regole certe per affrontare la questione della divisione dei ruoli tra segretario del partito e candidato premier. E se Letta chiede “un segretario che si concentri su un progetto per l’Italia più che sulle regole”, Renzi domanda il “rispetto delle regole” perché “entro il 7 settembre vanno fatte: è una questione di principio. Chiediamo agli altri di rispettare le sentenze e noi non rispettiamo le scadenze?”. La campagna elettorale, insomma, è appena cominciata.