Sulla sentenza della Cassazione il Fatto ha fornito una informazione completa e tecnicamente inattaccabile, non resta dunque molto da aggiungere, se non qualche nota a margine. La sentenza è stata firmata dall’intero collegio giudicante, e non dal solo giudice Esposito, dunque tutti, ma proprio tutti hanno concordato sul fatto che l’ex Cavaliere fosse l’ideatore ed il primo motore della frode fiscale.
Non le presunte toghe rosse, ma le toghe di ogni colore, comprese quelle più nere, e non solo in senso metaforico, hanno preso atto che non c’era possibilità alcuna di inventarsi un qualsiasi salvacondotto giudiziario.
Forse ora i mazzieri del capo, dopo aver bastonato il giudice Esposito, si dedicheranno al “massaggio mediatico” degli altri togati. La sentenza, peraltro, afferma una verità che era ignota solo a chi non voleva vedere e sapere e cioè che il Cavaliere era l’unico proprietario di Mediaset ed esercitava il comando anche durante il mandato parlamentare e governativo. Del resto questa verità era già stata affermata dai tribunali durante il processo relativo al cosiddetto loro Mondadori, ed era nota a chiunque non fosse sul suo libro paga.
Il reato accertato, sul piano giudiziario, si chiama frode fiscale, ma, sul piano politico, si tratta di una delle tanti varianti di quel conflitto di interessi che ha inquinato e corrotto non solo il mercato dei media, ma anche la vita istituzionale e democratica in questo ultimo ventennio.
Persino la Borsa, una delle sue divinità di riferimento, fa salire e scendere il titolo, a seconda delle fortune politiche dell’azionista unico.
In queste stesse ore il condannato può continuare ad insultare i suoi giudici accendendo l’interruttore delle tv di sua proprietà e disponendone a suo piacimento. Quale migliore conferma del fatto che l’ex Cavaliere fosse e sia l’ideatore di ogni vicenda che riguardi le sue proprietà?