Papa Francesco ha deciso rapidamente: monsignor Pietro Parolin sarà il suo segretario di Stato. Cinquantotto anni, nativo di Schiavon, un piccolo paese della provincia di Vicenza, Parolin è stato ordinato vescovo da Benedetto XVI nel 2009 e nominato nunzio apostolico in Venezuela. Molto legato al cardinale Angelo Sodano, che nel 2002 lo volle in segreteria di Stato come sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, ovvero viceministro degli esteri vaticano, Parolin ha anche collaborato con il suo diretto predecessore, il salesiano Tarcisio Bertone, che rimarrà in carica fino al 15 ottobre, da molti vescovi nella Curia romana considerato il “peccato originale” del pontificato di Benedetto XVI.
La politica del “premier” di Ratzinger ricevette non poche e aspre critiche da parte di numerosi cardinali durante le dieci congregazioni generali dei porporati, elettori e non, che precedettero il conclave. Secondo alcune indiscrezioni, nel preconclave ci fu anche un violento botta e risposta tra Bertone e il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, sulla gestione della Curia romana monopolizzata dal porporato salesiano durante gli anni del regno di Benedetto XVI.
Prima della fumata bianca del 13 marzo scorso, Parolin aveva auspicato l’elezione di un Papa latinoamericano. “L’America latina – aveva dichiarato Parolin – ha tutti i titoli per poter esprimere un Papa. Non dimentichiamoci che è il continente dove vive la maggioranza relativa dei cattolici del mondo. Si tratta di una Chiesa viva, presente nella società, cosciente della sua vocazione di discepola-missionaria. Credo – aveva proseguito il nunzio – che l’elezione di un Papa latinoamericano potrà imprimere un impulso forte all’evangelizzazione del nostro tempo e al contributo che la Chiesa è chiamata a dare alla soluzione dei grandi problemi attuali, come la povertà, la giustizia sociale, la convivenza pacifica“.
Ma Parolin aveva anche precisato che “amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il suo vero bene e non se stessi”. Una Chiesa che per il “premier” di Papa Francesco “deve diventare sempre più ‘trasparenza’ di Gesù e del suo Vangelo, in pratica deve essere Chiesa, vivere senza paure e con fiducia la sua identità”. Parole che si sposano benissimo con la “filosofia” di Francesco, con il suo modo di pensare l’istituzione ecclesiale nel mondo contemporaneo e con il suo progetto di una “Chiesa povera e per i poveri”. Parolin, con le sue raffinate capacità di mediazione figlie della migliore scuola diplomatica vaticana degli ultimi decenni, affiancherà il Papa argentino nel difficile compito di traghettare la Chiesa di Roma lontano dagli strascichi di Vatileaks e dalle piaghe che l’hanno sfigurata durante il breve regno di Benedetto XVI: pedofilia, carrierismo e dittatura del denaro.
Il ticket Bergoglio-Parolin, che guiderà la Chiesa del post Ratzinger-Bertone, arriva a Roma dall’America latina. Il Papa da Buenos Aires e il suo “premier” da Caracas, sede della nunziatura apostolica in Venezuela. Il Segretario di Stato del Pontefice argentino, però, non farà parte dello speciale “consiglio della corona” che aiuterà il Papa nel governo della Chiesa universale e che studierà un progetto di riforma della Curia romana. Un segno eloquente del modo in cui Francesco intende governare la Chiesa all’insegna della collegialità: la segreteria di Stato di Bergoglio lavorerà indipendentemente dal gruppo degli otto cardinali che avrà mani libere per elaborare le riforme necessarie per snellire l’elefantiaca struttura della macchina curiale (9 congregazioni e 12 pontifici consigli per un totale di 21 dicasteri).
A Parolin, invece, il Papa ha affidato il compito di seguire i lavori della Pontificia commissione referente sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede da lui istituita per “proseguire – sono parole di Bergoglio – nell’opera di introduzione di riforme nelle istituzioni vaticane, finalizzata a una semplificazione e razionalizzazione degli organismi esistenti e a una più attenta programmazione delle attività economiche di tutte le amministrazioni vaticane”. Segno che la riforma finanziaria è il primo punto del programma di governo di Papa Francesco e, da oggi, anche di quello del suo “premier” Parolin.
Twitter: @FrancescoGrana