I mercati finanziari sono ormai poco sensibili ai fondamentali di economia, un dato di fatto che nessuno può negare. Tra i motivi principali c’è  lo strapotere monetario di Bernanke e Draghi, rispettivamente presidente della Riserva Federale e governatore della Banca centrale europea. Ma anche il ruolo preponderante che una nuova classe di ricchi gioca nel settore finanziario influenza l’andamento delle borse, parliamo di quell’1 per cento della popolazione che tutti conoscono da quando il movimento Occupy Wall Street ha scelto di definirsi come la sua antitesi, e cioè il 99 per cento dei nuovi poveri.

In altre parole, mentre la Fed e la Bce pompano l’offerta di moneta a ritmi mai visti prima d’ora, chi ne ha accesso è solo l’élite del denaro, quella che controlla banche, hedge funds, finanziarie e così via. Costoro, a differenza della stragrande maggioranza della popolazione,  non sono a corto di denaro cartaceo, al contrario non ne hanno mai avuto così tanto a disposizione e lo usano per scambiarsi ingenti pacchetti azionari controllati dalle loro imprese, e così facendo fanno gravitare gli indici di borsa mondiali mentre l’economia mondiale è ancora in recessione.

Fin qui nulla di nuovo. Fenomeno analogo ha caratterizzato gli anni precedenti alla crisi del ’29, ma allora tutti volevano la loro fetta di speculazione e partecipavano alla creazione della bolla, oggi chi gioca in borsa sono i soliti noti, quelli le cui facce appaiono nella hit parade dei super ricchi. Già una volta nel 2008 hanno evitato il crack attingendo ai nostri risparmi e dando fondo alle presse della zecca. Ma questo è uno stratagemma che non può durare all’infinito, prima o poi il denaro cartaceo inizierà ad erodere il valore delle monete o qualcuno griderà che il re è nudo ed a quel punto inizierà la svendita dei titoli.

Nel frattempo che cosa fa il 99 per cento della popolazione? Certo non tutti sono prossimi alla fame come le popolazioni della periferia di Eurolandia, in Asia una fiorente classe media sta correndo ai ripari usando come barometro gli stessi fondamentali di economia messi da parte dai super-ricchi. Non fidandosi degli indici di borsa e dell’ottimismo dei mercati, né avendo fiducia nelle banche e tantomeno nei propri governi, la classe media asiatica ha iniziato ad immagazzinare l’oro, non opzioni o azioni di miniere d’oro e neppure i tradizionali lingotti, ma barrette d’oro purissime di massimo 1 chilo. E dato che questo tipo di prodotto non esiste sul mercato – i lingotti tradizionali hanno una purezza di 0.9995 mentre gli asiatici chiedono 0.9999 e sono molto più pesanti (400 once) – l’oro vola in Svizzera dove si trovano le più grosse ed efficienti raffinerie, e li viene fuso e ridimensionato. Molte ditte elvetiche che raffinano il 70 per cento dell’oro mondiale, trasformandolo in lingotti, in monete o in monili, lavorano ormai 24 ore al giorno, al ritmo insomma di 3 turni giornalieri.

Tanto per avere un’idea delle dimensioni di questa domanda: nei primi 6 mesi del 2013, 797 tonnellate d’oro sono volate da Londra in Svizzera, 10 volte di più che nel corrispondente periodo del 2012, per un valore di circa due miliardi e 600 milioni di euro.

Ormai, la domanda d’oro mondiale è quasi interamente sostenuta da quella dei piccoli e medi risparmiatori che comprano oro per proteggersi dalla crisi futura. Infatti la quantità del metallo prezioso posseduta dagli ETF in oro, strumenti finanziari d’investimento simili alle azioni il cui valore è legato a quantità fisiche d’oro, è scesa e nel secondo trimestre del 2013 si è registrata la vendita maggiore d’oro da parte di chi emette gli ETF. I dati prodotti dal World Gold Council parlano di 402,2 tonnellate di lingotti d’oro venduti da aprile a giugno. Anche sul mercato futuro la domanda rimane debolissima.

Diversa la situazione in Asia. Il più grande importatore d’oro è infatti l’India, la cui popolazione si stima abbia raccolto 20 mila tonnellate d’oro.

In Europa, a detta delle banche elvetiche, molti risparmiatori hanno venduto gli ETF per passare al metallo vero e proprio che hanno messo al sicuro nei caveaux delle grandi banche svizzere. Il 50 per cento degli acquirenti d’oro erano risparmiatori italiani.

La minaccia dell’intervento armato in Siria ha fatto aumentare i partecipanti a questa corsa all’oro, se e quando i bombardamenti inizieranno il valore del metallo giallo salirà e con esso anche la domanda.

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