“Si deve pensare ai diritti della gente. Così, non la dice nessuno”. Occhi azzurri intensissimi, informatico, uno “storico elettore del Pci” (definizione sua) appena Matteo Renzi finisce di parlare la sintesi la fa così. “Comunque sta crescendo, eh, sta crescendo”. Eccola qui, Genova per lui. Un successo, senza dubbio. La folla nella sala Pertini è tantissima. Pieno il piazzale antistante. La gente si affaccia dalle finestre di Eataly, di fronte al Palco, e da ogni gradino libero. L’ingresso è un’ovazione. Lui è naturalmente predisposto: entra spedito, inizia subito a dialogare con il pubblico. All’inizio, neanche inizia a parlare, che scrosciano gli applausi. La differenza con l’accoglienza tributata al premier, Enrico Letta è tangibile. Accolto benissimo anche lui. Ma con rispetto, più che con calore. Con stima convinta, più che con entusiasmo.

Se c’è una cosa che il “giovane Matteo” sa fare è parlare, comunicare, interagire. E allora, ecco che concede un – mezzo – annuncio. “La segreteria del Pd? Ci sto facendo un pensierino”. “Pensierino” confermato da quel che dice dopo: “Non credo che il governo cadrà”. E se è così, lui non ha altra scelta. Insomma, è quasi la prima uscita da candidato segretario in pectore. E rispetto a un anno fa, all’ annuncio che avrebbe fatto le primarie con Bersani, stavolta Renzi sembra davvero determinato a prendersi tutto quello che c’è. Senza neanche le esitazioni viste allora. L’occasione è tale per cui sfodera un vocabolario “di sinistra”: parla di disoccupazione, di Bossi-Fini, di banche che vanno arginate. Parla di scuola, di fisco che non può essere tiranno. Se la prende con i tecnici di professione. Messaggi semplici, parole d’ordine.

E’ netto su Berlusconi, che adesso è “un condannato in via definitiva”. Ma dice anche: “Passiamo oltre, non possiamo continuare a discutere di lui”. La gente lo applaude, convinta. Basta guardare lui e guardare la platea per capire che è antropologicamente diverso dal popolo al quale sta parlando, che aspira a rappresentare. Eppure questa platea sembra pronta ad affidarsi a lui. “Con Renzi vinciamo le elezioni”, ha ribadito D’Alema solo qualche giorno fa. Una capitolazione, un’ammissione. La stessa capitolazione della platea di Genova: l’ ex giovane Matteo sembra l’ultima speranza. O l’ultima spiaggia per smettere di perdere. Dopo, fa il giro degli stand. Molto entusiasmo e qualche battuta un po’ sfottente a mezza bocca. Comunque, rimane un oggetto estraneo. Quando arriva nel ristorante Mare e Monti (lo stesso dove ha cenato Letta l’altra sera) il megafono annuncia “Matteo Renzi, sindaco di Firenze”. E poi: “Il grande Enrico Mentana”. Sdoganato anche lui.

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