Nelle scorse settimane sono sorte (giustamente) polemiche e lamentele da parte della popolazione per l’esclusione di buona parte dell’Emilia, comprese le zone colpite dal terremoto, dagli incentivi fiscali del 65% di detrazione d’imposta per le ristrutturazioni edilizie antisismiche, in quanto classificate “a basso rischio sismico”, in zona 3 (su una scala di 4, dove 1 è la più rischiosa).
Perché? E’ sbagliata la classificazione o è stata una interpretazione eccessivamente rigida per mere ragioni di cassa del bilancio statale? Proviamo a chiarire alcuni aspetti poco noti.
La classificazione in “zone sismiche” parte da una apposita mappa, la mappa del “pericolo sismico”, elaborata dall’INGV e recepita in gazzetta ufficiale. E’ una mappa basata su lunghi e complessi studi scientifici (su cui, almeno in teoria, la politica non ha voce in capitolo) in cui viene rappresentata, su una cartina dell’Italia, la possibilità di avere un certo terremoto, di una data intensità e in un certo arco di tempo. Per gli scopi di questo post non entriamo in altri dettagli, salvo ricordare che il pericolo è diverso, per gli addetti ai lavori, dal rischio: il primo è la possibilità che avvenga un certo evento potenzialmente dannoso, il secondo tiene conto anche dei potenziali danni, che dipendono soprattutto dal territorio, costruzioni, antropizzazioni, ecc.
Ecco ora che entra in campo il secondo tipo di classificazione, le vere e proprie zone: chi decide se un comune entra in una certa zona? E quali sono le zone? La decisione di assegnazione alle zone spetta alle Regioni, decisione che si basa appunto sulla mappa di pericolo sismico e su aspetti tipici del territorio: densità abitativa, tipo di costruzioni, la “vulnerabilità” del territorio, ecc. Sebbene basata su dati scientifici dunque questa è anche una decisione politica, non opera di scienziati.
Veniamo ora alle zone: gran parte dell’Emilia Romagna è appunto in zona 3 “rischio sismico debole”, tanto che un depliant della Regione con il classico decalago che tanto piace ai politici si parla, genericamente, di “in queste zone possono verificarsi solo scuotimenti moderati”; il che alla luce di quanto successo è un po’ un eufemismo. Solo alcuni comuni dell’Appennino, della Romagna (compresa, poco noto come già avevamo detto in altro post, Rimini) e pochi di pianura come Sassuolo e dintorni, dove c’è il comprensorio ceramico, sono in zona 2 “rischio moderato”, nessuno in zona 1 rischio alto, ed alcuni del Piacentino (e, in Lombardia, del Mantovano, anche danneggiati dal terremoto) in zona 4, dove “le possibilità di danni sismici sono molto basse”.
Ora sorge un equivoco che a nostro avviso genera confusione alla gente comune: quasi tutte le scale di rischio ed allerta sono crescenti, ovvero la zona 1, o allerta 1, indica rischio basso, la 3 o la 4, o la 5 a seconda del tipo di scala quello massimo. Un esempio è la scala del pericolo valanghe, va da 1 a 5 dove 5 è il massimo, “molto forte”, ma anche la stessa scala Mercalli dei terremoti vede gradini crescenti. Perché qui si sono invertiti gli ordini? Mistero, e grave errore comunicativo-mediatico di chi ha stilato la declaratoria delle zone.
Poi, bisognerebbe che fosse meglio noto cosa significa “zona 3 rischio basso”: può in una zona 3 succedere quanto, inaspettato, successo in Emilia? Poco noto, ma si, può succedere. Sta di fatto che l’Emilia ha dimostrato che zone a rischio “basso” possono essere soggette a forti terremoti. Forse sarebbe necessario rimettere mano alla mappa del rischio sismico dell’ Emilia-Romagna.
Veniamo al punto iniziale, dopo i necessari, lunghi approfondimenti: Emilia terremotata esclusa dagli incentivi per le ristrutturazioni antisismiche. E’ giusto? Assolutamente no ed è assolutamente incomprensibile, anzi tutta la regione, e in genere l’Italia, ha necessità di essere messa in sicurezza dal punto di vista sismico, oltre che idrogeologico.
E’ inspiegabile che gli obblighi che comunque scaturivano da questa classificazione prima del terremoto siano stati ripetutamente rimandati nella loro applicazione e che siano stati ritenuti un ostacolo da politici, imprenditore e anche da molti cittadini.
E’ veramente inspiegabile che una zona disastrata sia esclusa dal provvedimento degli incentivi che ne favorirebbe la messa in sicurezza degli edifici non lesionati, peraltro con benefici occupazionali.
E’ inspiegabile che molti politici e parlamentari della nostra regione si accontentino di generici futuri impegni del Governo, ed abbiano come soldatini obbedito agli ordini e votato il provvedimento.
Non ci sono i soldi? Allora, è ancor più inspiegabile la perseveranza nel voler fare le inutili, costose e impattanti bretella A22 Campogalliano-Sassuolo e la Cispadana. Crediamo che i cittadini abbiano diritto ad esaurienti spiegazioni su tutte queste cose inspiegabili.