Scompaiono i siti di informazione a seguito del blocco ordinato ai provider. Ecco cosa succederà in Italia con la delibera Agcom sul copyright.
Il blocco dei siti internet sospettati di violare il copyright miete le prime vittime del mondo dell’informazione (e non solo). Li hanno chiamati danni collaterali, e se ne è occupato anche il Financial Times.
In breve è accaduto in Gran Bretagna nei giorni scorsi quello che succederà molto probabilmente anche in Italia, in caso venisse approvata la contestatissima delibera Agcom sul copyright, che darà a quest’ultimo organo il potere di ordinare la cancellazione di siti web attraverso i provider.
E’ successo che una Corte Inglese (un Tribunale dunque, all’esito di un complesso ed articolato procedimento giudiziario e non un’autorità amministrativa in una manciata di ore) ordinasse ai provider inglesi di rendere inaccessibile una piattaforma televisiva on line accusata di violare il copyright.
Detto fatto, gli operatori di tlc e gli internet service providers inglesi hanno aderito ovviamente all’ordine del magistrato. L’ordine è stato dato secondo le regole che anche l’Agcom si è data per bloccare i siti internet, attraverso i providers.
Solo che il blocco degli Ip e/o dei Dns che vuole intraprendere anche l’Agcom, senza peraltro alcun controllo preventivo giudiziale, come avviene in tutto il mondo, non è uno strumento matematico, bensì un rimedio molto invasivo che nasconde gravi conseguenze sulla libera circolazione delle informazioni sul web.
E’ cosi accaduto che venissero bloccati centinaia e centinaia di siti web, nella maggior parte dei casi riconducibili ad organi di informazione, inclusi ad esempio il sito della storica testata radio Times e quello della squadra di Calcio dei Blackburn Rovers, che non avevano niente a che fare con alcuna violazione del copyright.
Immaginiamo in Italia se dovesse scomparire, grazie all’Agcom, il sito di una squadra di calcio di serie A, come la Juventus o il Milan.
Tra gli altri, anche il celeberrimo sito torrentfreak, portale informativo gratuito sul mondo del peer to peer, seguito da milioni di persone di tutto il mondo e, che, ovviamente non aveva niente a che vedere con la violazione del copyright.
Il sospetto è naturalmente che l’esecuzione dell’ordine del Magistrato potesse costituire un pretesto per liberarsi di siti di informazione che richiamano, anche nel nome (torrent), gli strumenti di condivisione detestati dai titolari del diritto d’autore. Alcuni di questi siti dopo svariati giorni sono stati “recuperati”, ma altri sono scomparsi definitivamente.
Staremo a vedere, sperando di non doversi chiedere a breve che fine abbia fatto il sito della nostra squadra del cuore.