Martedì 27 e mercoledì 28 agosto (giorni 9 e 10)
Non partite dal Marocco senza avere visitato Chefchauen! Fedeli a quest’ultimo consiglio di Ernesto e di sua moglie proseguiamo la nostra discesa per le alture del Rif e per i campi di Kif. La Rab non passa inosservata; a ogni curva una mercedes dell’anteguerra ci lampeggia, ci suona e arriva ad affiancarci (foto 1) proponendo sempre e soltanto l’acquisto del pregiato ketama locale; ma noi, reduci dalla serata dal nostro amico cantautore, rifiutiamo eroicamente ulteriori avances e in un paio d’ore arriviamo a destinazione.
Chefchauen, abbarbicata a 600 metri di altitudine, potrebbe sembrare a prima vista la sede di un club di ultrà del Napoli, essendo completamente dipinta di bianco e di azzurro e ospitando anche parecchi asinelli (foto 2); in realtà è una città di impronta andalusa (l’azzurro scaccia i mosquitos, il bianco la calura), diventata anche una città santa del Marocco.
Conta ben 20 moschee, e questo porta con sé diverse conseguenze. Primo, che la Medina con le sue stradine intricate e brulicanti è davvero une delle più suggestive del Paese (foto 3), infatti pare che sia servita da modello agli scenografi di Hollywood per girare Casablanca (dove invece la Medina non c’è più).
Secondo, che la storia si ripete talmente tanto che a volte si capovolge; la città fondata per respingere l’avanzata degli spagnoli, e a lungo proibita agli infedeli, è ora diventata un centro turistico dove gli infedeli sono più che benvenuti. A un ristorantino economico (zuppa marocchina, insalata, cous cous di verdure per 5 euro) facciamo la conoscenza di una coppia di Genova, Erica e Danilo (foto 4), entrambi precari della scuola in attesa del sospirato ruolo.
Per quanto il Tour delle Città Imperiali in pieno agosto sia stato faticoso, è roba da niente, spiega Danilo, in confronto al Tour delle Burocrazie Ministeriali a cui sono stato sottoposto (corsi SISS, domande ai presidi, graduatorie che si moltiplicano e si sovrappongono come le teste del drago, eccetera). Quarto, che in questa cittadina amabile, ma ancora abbastanza immune al turismo di massa, ci concediamo i primi acquisti. Pietro un portacenere marocchino gigante (come il bicchierone di Nutella di Nanni Moretti, per intenderci); Nanni, una borsa di cuoio strappata dopo un’estenuante trattativa per 600 dirham, un terzo del prezzo iniziale (ma il padrone dell’hotel, dopo averla visionata, sentenzierà scuotendo la testa che è stata pagata il triplo del suo prezzo). Quinta e ultima conseguenza, la difficoltà di trovare nella Medina una stanza d’albergo che non sia in prossimità di uno degli altoparlanti collegati al Muezzin.
La prima notte la sveglia arriva alle cinque e venti del mattino, con la prima delle cinque preghiere giornaliere. Segue una concitata riunione del direttivo del GMC che per la prima volta si spacca come un qualsiasi comitato centrale del Pd. Nanni, renziano, vorrebbe voltare pagina e ripartire subito; Pietro, giovane turco (si fa per dire), vuole confermare per almeno altre 24 ore la cittadina, considerato che Tangeri ci viene data impraticabile per tutto esaurito e che non esiste un’altra possibile tappa in Marocco prima di arrivare a Ceuta e traghettare in Europa.
Nanni pone la discriminante moschea; restiamo, ammesso che si trovi un altro albergo posto a distanza di sicurezza. La mozione a voto segreto passa, parte la caccia e si trova un grazioso alberghetto proprio ai margini delle mura della Medina. Calma, tranquillità, e una terrazza panoramica che dà sul cimitero con tombe dipinte di bianco e di azzurro. Tutto tace. Ma all’alba, in perfetta sincronia con l’orario delle moschea, un gallo comincia a cantare proprio sotto la nostra finestra. Proviamo a individuarlo al chiarore dell’aurora, ma non si vede. In compenso, si sente benissimo. Come averlo in camera, e non smetterà di cantare imperterrito fino alle 10. Quando decidiamo di alzarci, in quel preciso momento il gallo smette di cantare.
E’ giunto il momento di dire addio al Marocco; questo moderato assaggio di Africa ci mancherà, e mancherà soprattutto alla Rabmobile, viziatissima dai posteggiatori notturni (foto 5).
A proposito: a meno di qualche miracolo si avvicina anche lo struggente distacco dalla Rab, che dovremo ricoverare in Lisbona o dintorni entro il prossimo 10 di settembre, per poi tornarla a prendere. E’ necessario trovarle un ricovero prima di partire per il Brasile (unico volo del GDM finora prenotato); se qualcuno può darci una mano (o meglio ancora, un garage) in tal senso, ne saremmo felicissimi.
(6-continua)