La notizia è più che ufficiale: per la serie “a volte ritornano”, Kakà ha fatto il suo rientro al Milan, accolto ieri in pompa magna all’aeroporto di Linate dal coro dei tifosi “venuti fin qua” a vederlo di nuovo indossare la maglia rossonera. Sulla casacca del campione brasiliano sarà impresso lo stesso numero di sempre, il fortunato 22.
Se è vero come è vero che il calcio italiano non è più quello di una volta, fra scandali e successi che interessano sempre le stesse squadre, è vero anche che pure il calciomercato non è più quello di un tempo. Contano i bilanci e questo al Milan lo sanno più di chiunque altro. E la filosofia della società che fa capo a Berlusconi è quella imprenditoriale, altro che calcistica.
Kakà indossò la maglia rossonera a 21anni, per sei lunghe stagioni di vittoria. Il pallone d’oro brasiliano promise amore eterno al Milan, tanto che su di lui e sulla società sembrava echeggiare il leit motiv: e non ci lasceremo mai! Ma si sa, la crisi non guarda in faccia nessuno e qualche tempo dopo l’idillio finì e il giocatore fu presto ceduto al Real Madrid per quasi settanta milioni di euro. E lui, combattuto ma felice, fece un po’ lacrime da coccodrillo e partì. Giusto perché la società pareggiasse i conti.
Oggi Kakà torna e i tifosi rossoneri sono felici di accoglierlo a braccia aperte, nonostante negli ultimi quattro- cinque anni lontani da casa Milan, il giocatore non abbia certamente brillato per particolari qualità, piuttosto le sue giornate scarse di gloria sono trascorse al freddo della panchina. L’amore vince su tutto e, nonostante il notevole ridimensionamento dello stipendio, Riccardo Kakà dopo un po’ di trattative ha rigiurato amore alla sua squadra del cuore. Tanto nel calcio non si trova sempre una ragione e non sempre esiste un perché.
Perché un club blasonato di serie A deve riprendesi un giocatore che si è allenato stando in panchina in questi anni … solo per il ricordo che ha lasciato? Perché si deve fare passare per buona una notizia che in realtà racchiude una logica che è tutta politico-imprenditoriale? Berlusconi, fra alti e bassi della società di via Turati, si è guadagnato qualche manciata di voti in più negli anni, muovendo le pedine giuste. La politica imprenditoriale e calcistica in questo caso è quella che accompagna ogni sua avventura e, si sa, nemmeno le plusvalenze nel calcio costituiscono un reato perché non sono indice di falso in bilancio …
Intanto i giornali fanno la loro parte e non si interrogano sull’anomalia economico – imprenditoriale, piuttosto sono interessati a capire che stagione vivrà il Milan con il ritorno della pecorella smarrita. I riflettori sono puntati tutti su di lui. La squadra magari non tornerà ad essere quella degli anni d’oro, come ai tempi dei “tre tulipani”, ma l’audience e l’immagine, nonché il merchandising , sono importanti e per questo da giorni non si parla d’altro.
La mossa è azzeccata, come al solito, tanto che, “contentissimo” ed “emozionatissimo”, Galliani dice pure che è stato “difficilissimissimo” riaverlo. Eccerto caro Galliani, deve essere stato davvero molto difficile strappare un ex giocatore a un club che non lo vuole e nel quale lui non vuol più stare (anche perché a furia di non giocare ha dimenticato di che forma è fatta una palla). A Milano, considerate le difficoltà della trattativa lo stipendio sarà nettamente ridotto per il giocatore ma, in compenso, tanto calore da parte dei tifosi e tante belle parole per la società rossonera.
Nei giorni che hanno preceduto il trionfale rientro la frase magica ha funzionato, in barba a tutte le difficoltà: “Torna a casa, Lessie!”. Non importa se per vincere, questo sì che sarebbe “difficilissimissimo”… meglio essere tutti “felicissimissimi”, per ora!