Beppe Grillo ha fatto (a sua insaputa?) autocritica. L’sms con cui ha comunicato al Fatto Quotidiano che d’ora in poi inconterà i giornalisti due volte al mese, a Milano e a Genova, è una novità considerevole. Implicitamente, Grillo ammette che c’è bisogno degli esami di riparazione per il Movimento e accetta definitivamente di essere non solo il “megafono” ma il leader. Se uno vale uno, lui è sempre valso più degli altri, anche perché senza Grillo e coi soli Crimi il M5S scenderebbe al 2 percento (forse).
Grillo accetta di parlare con i giornalisti. Lo fa tardivamente, dopo una guerra ora giusta e ora no, interrotta da qualche intervista saltuaria che ha dimostrato come l’ex comico sia molto più convincente quando argomenta. Nessuno gli chiede di diventare Casini, ma i suoi post funzionano – ancor più dopo le elezioni, esaurita cioè la “fase-sfogo” – quando Grillo spiega e circostanza. Se capisce che accanto alla sua componente guastatoria, nella quale resta imbattibile per talento naturale e mancanza di avversari, deve trovare spazio pure la componente propositiva, sia lui che M5S cresceranno.
Grillo ha capito che, negli ultimi mesi, il Movimento è stato un po’ abbandonato a se stesso. E ora, mentre al Senato è andata in scena ciò che molti hanno chiamato la “terapia dei cartelloni”, corre ai ripari. Dalla candidatura di Rodotà al Quirinale in poi, con l’eccezione odiosa del caso Gambaro, il Movimento ha sbagliato poco. Politicamente, il caso Shalabayeva lo hanno scoperto loro (e l’onorevole Alessandro Zan di Sel), l’ostruzionismo lo hanno fatto loro. Qualche figura di spicco è emersa, come Di Battista, Morra e Di Maio, che se fossero stati scelti al posto del Duo Tafazzi Lombardi-Crimi avrebbero reso al Movimento la vita assai meno complicata.
E’ arrivato settembre e le battaglie sono molte. Non solo la decadenza di Berlusconi. Grillo non vuole spostarsi a Roma, perché non lo ritiene necessario e perché non ha mai amato soggiornarci. Desidera però essere più vicino al Movimento. Sa che la comunicazione resta un problema, anche adesso che ci sono dei responsabili poco stimati anzitutto da tanti parlamentari. Gridare contro i Polito e Battista è facile quanto condivisibile, ma riduttivo. E Grillo stesso è il primo, ciclicamente, a farsi male da solo. Ora scomunicando chi osa consigliarlo, come Paolo Flores D’Arcais, e ora passando per “quello che vuole tenere il Porcellum”. Falso storico, considerato che Grillo combatteva il Porcellum già sei anni fa con il primo Vaffa Day e il M5S in Parlamento ha appoggiato la proposta Giachetti di tornare al Mattarellum, o chiesto più volte di cambiare la legge elettorale. In quel post Grillo ha scritto che tutto è meglio di Letta, persino tornare al voto col Porcellum: non equivaleva a dire “teniamoci il Porcellum”, ma la semplificazione giornalistica è parsa troppo ghiotta. Come lo è ridurre l’assemblea al Senato a un papocchio studentesco: magari l’idea di Elisa Bulgarelli è stata giusta, ma ha alimentato l’idea dei 5 Stelle equiparabili a ragazzini scappati dall’asilo. Replicare che i Boccia e le Carfagna sono peggio di loro (eppure tanta stampa li protegge) non basta: avendo quasi tutti contro, il M5S non deve prestare il fianco alla mitraglia mediatica.
Grillo lo sa, come lo sa Casaleggio. Per questo ipotizza, salvo ripensamenti, un dialogo coi giornalisti. E mentre l’agognata piattaforma resta un miraggio, permane la lotta tra ortodossi e dissidenti. Le domande degli Orellana e delle Bencini sono più che lecite e stroncarle con una filastrocca da taverna è puerile. Dato per irricevibile un Letta bis, e ritenuta scontata l’impossibilità di un’alleanza politica organica con il Pd, è possibile un governo di scopo che attui quantomeno una nuova legge elettorale? Se sì, ci si provi. Se no, Grillo non regali ulteriori alibi a Pd ed esegeti del “non c’erano alternative”.
Qualche giorno fa Grillo si descriveva stanco. Ora rilancia: il terzo Vaffa-Day, una ritrovata voglia di dialogare, (forse) l’abbandono della fregola per l’epurazione. Propositi da leader, si spera più conciliante e meno manicheo, senza con ciò snaturarsi.