Il testo della legge sull’omofobia “messo così ovviamente è irricevibile”. Parola del presidente dell’Arcigay Flavio Romani, che sull’ultimo numero di agosto dell’Espresso si è rivolto al primo firmatario della Ivan Scalfarotto e al Pd: “Non perdano neanche tempo a votarlo, si risparmino la fatica”. La legge approdata nell’ula della Camera ai primi di agosto è stata infatti ridotta ai minimi termini da parte della Commissione giustizia. Dopodiché la discussione è stata rinviata a settembre di comune accordo tra tutti i partiti. E non solo perché non c’era il tempo materiale. In questo modo, infatti, il centrodestra ha potuto far valere la moratoria sui temi eticamente sensibili. Mentre il centrosinistra, dal canto suo, adesso può aggirare eventuali forme di ostruzionismo di marca confessionale, in quanto in base al regolamento della Camera quando trascorre più di un mese tra l’inizio della discussione generale e il voto i tempi vengono contingentati.
Ma è la sostanza ad essere andata smarrita nel corso dell’iter parlamentare. “Noi guardiamo alle questioni che riguardano la vita delle persone gay, lesbiche e transessuali: ci interessa la ciccia, insomma – sostiene Romani – E, in questo caso, il risultato ci piace fino a un certo punto”. La stringata formulazione attuale del provvedimento, frutto di una lunga mediazione in commissione giustizia per opera soprattutto del democratico Scalfarotto, di fatto estende la legge Mancino, punendo “l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi o fondati sull’omofobia o transfobia”. Punto del contendere è però l’introduzione dell’aggravante di omofobia e transfobia, invocata dalle comunità gay e trans: “Senza l’aggravante si inficia tutta la legge – spiega Romani – Senza l’articolo 3 della Legge Mancino, non ha nessun senso votarla”.
Le forze di centrosinistra, Pd e Sel, promettono di intervenire in questo senso per mezzo di un emendamento che verrebbe sicuramente approvato dall’aula di Montecitorio. Sennonché è nell’aula di Palazzo Madama che i numeri ballano per il centrosinistra, che difficilmente riuscirebbe a spuntarla su una formulazione non concordata con le forze moderate. Tantopiù di questi tempi in cui il Quirinale esige massima concordia intorno al governo Letta. E da questo punto di vista il fronte cattolico non sente ragioni. Alza le barricante contro l’aggravante chiedendo capziosamente l’introduzione di una clausola di salvaguardia che consenta a chi si dichiara favorevole solo ai rapporti eterosessuali di non essere perseguito per questo, sostenendo che in realtà la legge consente già di perseguire comportamenti violenti senza bisogno di aggravanti. Anche se, a ben vedere, l’introduzione di un’aggravante nel codice è sempre un pannicello caldo repressivo per nascondere il fatto che in Italia è impossibile estendere a coppie omosessuali i diritti riconosciuti agli altri cittadini, a cominciare dal matrimonio.