Più il tempo stringe in vista dell’appuntamento del 9 settembre sulla decadenza più il ping pong sul toto-impunità si riduce a un surreale finale di partita in cui formalmente Napolitano “confida” sulla lealtà di B. al governo; Alfano lo rassicura che “la fiducia è ben riposta“; il condannato si sente “accerchiato” e non sa che pesci prendere.
Dopo la pretesa “dell’approfondimento” della Legge Severino che significa solo prendere tempo in vista di non si sa bene quale via d’uscita, dato che alla decadenza sta naturalmente per sovrapporsi il ricalcolo dell’interdizione dai pubblici uffici, dalle parti dei fedelissimi, in primis Fedele Confalonieri si sta prendendo in considerazione più realisticamente la cosiddetta “agibilità personale” piuttosto della gettonatissima, fino a ieri, “agibilità politica”.
Al di là della propaganda e della guerra mediatica sul “diritto alla difesa” del condannato con sentenza definitiva, sponsorizzato anche da Luciano Violante assurto a buon diritto a faro per i giovani del Pdl all’annuale convegno organizzato dal compagno di “saggezza” Quagliariello, gli insider di Arcore sanno benissimo che il tampone, in attesa di sentenze definitive ben più rovinose, può essere la commutazione della pena da parte del capo dello Stato.
Ma naturalmente, per ottenerla Berlusconi deve rimettere momentaneamente nel cassetto il video fine di mondo contro la ventennale persecuzione giudiziaria delle toghe sanguinarie e continuare a sostenere il governo Letta dal quale ha già ottenuto sull’Imu la sua temporanea carta vincente che contribuisce non poco all’incredibile consenso che continuano ad attribuirgli i sondaggi. Quel 27% al Pdl che emergerebbe da tutte le rilevazioni conferma quello che ha detto da subito da perfetto delfino-scudo umano Angelino Alfano “la sua storia è la nostra storia, la sua condanna è la nostra condanna” e conseguentemente il partito prossimo a “rinascere” esiste solo se lui esiste tramite qualsiasi “soluzione politica” e/o “agibilità” di qualsiasi natura.
La conditio sine qua non per mantenere il suo simulacro politico è procrastinare quanto più è possibile la decadenza prevista dalla legge che lui stesso ha votato dopo aver peraltro affermato a più riprese, anche a Tempo Reale nel ’95, che “chi è condannato in via definitiva per evasione fiscale deve avere il buon gusto di mettersi da parte” .
Berlusconi da questo governo ha avuto tutto senza scontare nulla in termini di consenso e sa benissimo che la sopravvivenza delle larghe intese è una discreta garanzia per la sua pretesa di impunità, anche se i margini per motivi obiettivi e inarrestabili a meno di sospendere sine die l’attività giurisdizionale, si restringono di giorno in giorno.
Viceversa il Pd ha subito il logoramento delle larghe intese e della sua navigazione senza bussola politica. Ora sulla decadenza è tutta una gara a rivendicare le parole di più grave fermezza e sembra che il Violante-pensiero non trovi nessuna sponda. Chissà se è più un effetto della conversione di massa al messaggio di Matteo Renzi in extremis è approdato ad una linea intransigente su “sentenze e Berlusconi”, tema per lui obsoleto fino a un paio di mesi fa, o dei sondaggi che farebbero scendere il Pd fino al 15% se facesse dei brutti scherzi in commissione, o peggio ancora in aula.