Quando arriva all’Antoniano, in un abito anni Cinquanta strategico e di impatto, Cristina D’Avena quasi non la nota nessuno. A un paio di metri di distanza, nell’auditorium, stanno per essere proclamati i vincitori delle selezioni dello Zecchino d’Oro, e assistere alle reazioni di gioia o di delusione dei genitori è sempre un’esperienza imperdibile. Una volta espletato il doloroso compito (e aver fatto piangere qualche innocente creatura esclusa), i giornalisti sono tutti per lei, la regina dei cartoni animati, l’icona pop degli anni Ottanta. In America c’era Madonna, noi avevamo la D’Avena. E non è detto che ci sia andata peggio.
L’occasione è la presentazione di Radio Crock’n’Dolls, la nuova avventura televisiva di Cristina, dedicata ai bambini in età prescolare e che andrà in onda da lunedì 9 settembre alle 9 su Super! (il canale De Agostini sul digitale terrestre), prodotto proprio all’Antoniano di Bologna, nello stesso studio dello Zecchino.
La trasmissione è piacevole, veloce, persino divertente, e non tratta i bambini come piccoli idioti (di questi tempi è una notizia), ma è innegabile che a calamitare l’attenzione di tutti è la D’Avena. E lei non si risparmia, guadagna il centro dello studio e intrattiene i giornalisti calando gli assi del suo repertorio: Pollon, Occhi di gatto, Kiss me Licia. L’effetto petite madeleine è inevitabile: ferocissimi cronisti televisivi si trasformano di colpo in teneri coristi, gracchiando nel microfono ogni singola parola del testo.
Cristina D’Avena fa questo effetto. Inebetisce, fa regredire, invita naturalmente alla spensieratezza. E lo fa così bene che più tardi, cenando nella meravigliosa (ma poco agevole per fisici poco allenati) Torre Prendiparte, viene da chiederle se non abbia voglia di cambiare completamente registro, di fare un programma arrabbiato nel quale mandare tutto il mondo a quel paese, dopo decenni di sorrisi, arricciamenti di naso e canzoncine amorevoli. No, questa voglia non ce l’ha (“Non ancora”, ammicca), e un po’ di delusione scatta, visto che la vedremmo benissimo nei panni di una mistress televisiva.
Scherzi a parte (ma mica tanto), il personaggio D’Avena andrebbe studiato da chi se ne intende, perché la longevità della carriera (siamo oltre i 30 anni, non contando Il Valzer del moscerino) e l’eterogeneità del pubblico di riferimento sono da standing ovation. Forse qualche rimpianto c’è, anche se non lo ammette. Ma in fondo nessuno in Italia può vantare la stessa popolarità. Qualche rimpianto, piuttosto, dovrebbe averlo Mediaset, che dopo aver sfruttato fino all’osso il personaggio, lo ha un po’ messo da parte. Colpa della crisi, direte voi, e dei pochi soldi disponibili. Colpa anche, aggiungiamo noi, della scelta di cancellare di fatto la tv dei ragazzi, affidandosi solo a quei nuovi cartoni arrabbiati e violenti che noi, abituati a Memole e a Holly e Benji, non capiremo mai.
Per fortuna Cristina D’Avena, ultimo baluardo della nostra fanciullezza, è ancora lì ad arricciare il naso, a cantare e a farci sentire quei bambini che non siamo più.