Immaginate un luogo dove vengono ammazzate tredicimila persone all’anno. Dove gli scomparsi sono più di trentamila. Dove killer prezzolati dai nomi da fiaba per bambini (El Mamito, El Gonzo, El Winnie Pooh) torturano, sgozzano, decapitano come se bevessero un bicchiere d’acqua. Dove villaggi e paesi, un tempo vivi e pulsanti, sono diventati dimora di fantasmi silenziosi, con case dai muri crivellati dai colpi dei mitragliatori, delle pistole, dei bazooka. Non è la Siria, non è l’Argentina dei macellai della Junta Militar, non è la Sarajevo assediata degli anni novanta, non è la Repubblica Democratica del Congo della lunga mattanza per il predominio delle zone minerarie. Si tratta del Messico, più precisamente degli stati del Tamaulipas e del Nuevo León.

Il macello ultra decennale che sta devastando queste terre viene raccontato in modo puntuale, dettagliato e coraggioso dal giornalista Diego Enrique Osorno, uno dei talenti del nuevo periodismo latinoamericano, che porta avanti una lunga tradizione di giornalismo narrativo, o new journalism, iniziato con Rodolfo Walsh e Alma Guillermoprieto.

Il suo libro, bello e disperato, “Z. La guerra dei narcos è stato pubblicato in Italia da La Nuova Frontiera (e tradotto da Francesca Bianchi), editore che da oltre dieci anni si dedica alla pubblicazione di autori classici e contemporanei delle letterature di lingua castigliana, catalana e portoghese, sia della penisola iberica, che del continente americano e dell’Africa lusofona.

Quando pensiamo al Messico e alla criminalità che attraversa le sue strade di solito ci vengono in mente le arcinote Ciudad Juárez, Mexicali e Tijuana, località al confine con gli Stati Uniti protagoniste di traffici umani, di droga, di armi. Ma leggendo il testo di Osorno si scopre che in altre parti della nazione centroamericana la situazione è molto peggio.

La cocaina e la marijuana per arrivare nei grandi mercati nordamericani devono transitare per il Messico che, per molti decenni, è stato un tranquillo corridoio. Nel 2006 il neopresidente Calderón ha dichiarato guerra al narcotraffico trasformando gli stati del nord, confinanti con la frontiera statunitense, in campi di battaglia: da allora il Paese è diventato uno dei luoghi più insicuri al mondo e negli stati del Tamaulipas e del Nuevo León questa lotta ha assunto proporzioni inimmaginabili. È qui che per la prima volta ha fatto la sua apparizione il sanguinario gruppo degli Zetas.

La mattina del 22 febbraio del 2010, mentre Ciudad Mier si preparava a festeggiare l’anniversario della sua fondazione, quindici Suv sono entrati in città dalla strada che porta a Reynosa, come cavalli imbizzarriti. I sicari si sono diretti verso il comando della polizia municipale, sono scesi dai veicoli e contro i muri del vecchio edificio ha iniziato a risuonare il crepitio dei mitra […] Quella fu l’ultima volta che Ciudad Mier ebbe un corpo di polizia municipale.

Chi sono questi Zetas che terrorizzano la popolazione, che impediscono alla stampa di svolgere il proprio lavoro, che rapiscono ignari cittadini, che entrano nelle città in convogli di Suv blindati per inscenare battaglie che farebbero invidia a qualsiasi sceneggiatore di action movie di Hollywood, che decidono il bello e il cattivo tempo della popolazione, che tengono alla fame il popolo, che uccidono poliziotti, che decapitano venditori di cd abusivi e che sono il mito dei ragazzini di strada e dei cantanti di hip hop?

Diego Enrique Osorno compie un lungo viaggio, accompagnato da una costante paura e da una grande determinazione, per dare un’idea più precisa ai lettori su questi criminali e sul potere occulto che spesso li protegge. Attraversa città e paesi abbandonati a loro stessi e raccoglie le testimonianze di chi ha deciso di resistere, tracciando un ritratto unico e sconvolgente del Messico.

Poco tempo fa è giunta da queste parti Al Jazeera, e i giornalisti dell’emittente araba hanno affermato di non avere mai visto una situazione così confusa, dove regnano pericolo e sconforto. I giornalisti di Al Jazeera, che negli ultimi anni sono stati nei principali teatri bellici del pianeta, non hanno potuto percorrere la Riberena. Né le autorità locali né i militari hanno fornito loro la benché minima garanzia che ne sarebbero usciti vivi.

Diego Enrique Osorno è nato a Monterrey nel 1980. Lavora per la rivista messicana “Gatopardo”. Oltre a “Z. La guerra nei narcos”, è autore di altri quattro libri: “El cártel de Sinaloa” (2009), “Nosotros somos los culpables. La tragedia de la guardería Abc” (2010), “País de muertos. Crónicas contra la impunidad”(2011) e “Nuestra Aparente Rendición” (2013). Ha ricevuto nel 2011 il Premio Latinoamericano de Periodismo sobre las drogas e il Premio Internacional de Periodismo. È stato testimone diretto dei principali conflitti sociali messicani dell’ultima decade nonché inviato di guerra nei fronti più caldi. Nel 2012 è uscito “El Alcalde” che lo vede esordire alla regia di un documentario.


Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

La Maserati lascia Modena: incertezza per 600 lavoratori

next
Articolo Successivo

L’Unità, via da bacheca giornali. Polemiche contro la scelta del sindaco M5S

next