L'Assemblea ha ridotto gli emolumenti del 50% a Giampaolo Lavagetto, condannato per peculato. Ora, oltre a quest'ultimo, sono altri due gli eletti stipendiati con soldi pubblici per ricoprire lo stesso seggio: l'ex capogruppo Villani, sospeso dopo gli arresti domiciliari per l'inchiesta Public Money e Cinzia Camorali, nominata dopo l'entrata in vigore del decreto anti corruzione
Un consigliere regionale al prezzo di tre. A luglio il pacchetto “anti – casta” proposto all’Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna dal Movimento 5 Stelle era stato bocciato quasi all’unanimità. Eppure, fosse passato, il provvedimento avrebbe risparmiato a centrodestra e centrosinistra più di qualche “imbarazzo”, e un rapido dietrofront. Perché oggi, successione dopo successione, e condanna dopo condanna, sono 3 i consiglieri stipendiati dalla Regione con soldi pubblici per ricoprire lo stesso seggio in viale Aldo Moro: l’ex capogruppo Pdl Luigi Villani, sospeso dopo gli arresti domiciliari seguiti all’inchiesta Public Money di Parma, il suo successore, l’ex assessore della giunta guidata da Pietro Vignali, Giampaolo Lavagetto, condannato in primo grado per peculato nell’uso del cellulare di servizio, e infine Cinzia Camorali, recentemente nominata a svolgere l’incarico rimasto vacante dopo che il decreto “anti corruzione” ha imposto a Lavagetto, subentrato in maggio, un passo indietro.
“Il problema – spiega Andrea Defranceschi, unico consigliere a 5 Stelle della Regione – è che secondo la normativa vigente i consiglieri sospesi hanno diritto a un’indennità pari al 50% del loro stipendio”. Quindi, sempre sulla base del regolamento votato a luglio dall’Assemblea legislativa, quello che il pacchetto “anti casta” del Movimento 5 Stelle intendeva modificare, Villani e Lavagetto, pur sospesi, percepiscono ancora il 50% del loro stipendio, cifra che si somma al compenso che viene regolarmente riconosciuto al nuovo consigliere, l’unico che effettivamente ricopre l’incarico in viale Aldo Moro. Insomma, “un consigliere al prezzo di tre”. “Noi avevamo chiesto di ridurre quell’indennità dal 50% al 10% non potendola eliminare in toto per legge – continua Defranceschi – ma con me, allora, aveva votato a favore solo Gian Guido Naldi, presidente di Sinistra, Ecologia e Libertà”.
Tuttavia oggi, a quanto pare, la situazione è cambiata e, almeno in viale Aldo Moro, l’asse Pd – Pdl si è spaccato. La Regione, in seguito alla sospensione di Lavagetto, ha richiesto al consigliere di restituire quanto percepito a partire dal 21 maggio 2013, data del suo insediamento in Assemblea, trattenendo il 50% dell’indennità che gli spetta. Ma la questione, come precisa Defranceschi, “è difficile da spiegare all’opinione pubblica”. Così, durante la prima seduta autunnale dell’Assemblea gli eletti hanno optato per un rapido cambio di rotta, votando un ordine del giorno, passato a larga maggioranza – favorevoli Pd, Lega Nord, Udc, il consigliere ex ‘grillino’ Giovanni Favia e il Movimento 5 Stelle – per ridurre, non al 10%, come proposto dai 5 Stelle, ma a ‘zero’ quell’indennità, e modificare così la legge approvata a luglio.
“Finalmente ci hanno dato ragione – chiosa Defranceschi – spero che l’impegno sia portato avanti dall’Assemblea come preannunciato in aula, e che già entro settembre l’indennità sia eliminata”. I tempi tecnici, infatti, richiedono circa 3 settimane e un paio di passaggi in Commissione, ma la forza politica questa volta c’è. Anche perché l’unico partito contrario al cambio di rotta è il Pdl. Che in aula, per bocca del capogruppo Gianguido Bazzoni, ha letto una lettera di Villani, scritta a bocciare “quell’esborso caritatevole” che sarebbe il taglio al 10% dell’indennità, etichettandolo come una proposta “giustizialista e ipocrita” che non considera “la presunzione di innocenza”.
“Mi sembra che le leggi regionali parlino sufficientemente chiaro su quanto si debba assegnare ma avverto un’aria giustizialista e ipocrita – ha scritto Vignali – intendo rinunciare a qualunque forma di indennità per la mia situazione di sospeso fino a quando non potrò rientrare nelle mie funzioni di consigliere regionale. Sono infatti a conoscenza – continua la missiva – che si vorrebbe ridurre tale emolumento dalla metà dell’indennità di carica fino ad ora prevista, al 10%, nella pratica un esborso caritatevole. Preciso, infatti, a scanso di equivoche e superficiali notizie diffuse anche da alcuni media, che ricevo un assegno di circa 1.560 euro netti e che quindi se passasse la linea dell’ulteriore drastica riduzione, ammonterebbe in tutto a circa 310 euro. Come hanno sottolineato recentemente e pubblicamente alcuni consiglieri di diverse sensibilità politica – prosegue Villani – si dovrebbe stare attenti a non cadere nell’arbitrio verso una persona che non ha ancora subito alcun tipo di condanna. Mi preme peraltro ricordare che il nostro ordinamento giuridico è formalmente garantista, anche se lo dovrebbe essere molto di più sostanzialmente, proprio grazie a quella Costituzione che per molti anche nella nostra Assemblea legislativa regionale è una specie di bibbia intangibile e appunto stabilisce la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva”.