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Siria, Obama rinvia il voto del Congresso. Kerry incontrerà Lavrov

Continuano gli sforzi della diplomazia per risolvere la crisi siriana. Il presidente degli Stati Uniti chiede di rimandare una decisione del parlamento sull'intervento militare, mentre il segretario di Stato e il ministro degli Esteri russo si incontreranno giovedì. Ancora lontane, però, le posizioni dei membri del Consiglio di sicurezza sui contenuti di una risoluzione Onu

Proseguono gli sforzi diplomatici per una risoluzione della crisi siriana. Un passo in questa direzione è stato fatto da Barack Obama, che ha chiesto al Congresso di ritardare il voto sull’intervento militare degli Usa per dare una chance alla via della soluzione politica. Intanto, giovedì a Ginevra si incontreranno Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, e il segretario di Stato americano John Kerry, che stanno già studiando un piano per mettere sotto controllo le armi chimiche di Damasco. Dopo il sì della Siria alla tutela internazionale sul proprio arsenale, gli Stati Uniti avevano fatto sapere di essere pronti a discutere di questa soluzione con Cina e Russia. E proprio Mosca ha prima avanzato e poi ritirato la richiesta di convocare d’urgenza il consiglio di sicurezza, dopo avere definito inaccettabile la bozza di risoluzione avanzata dalla Francia. Tre i punti cardine proposti da Parigi: conseguenze nel caso del mancato rispetto degli impegni da parte di Damasco, riconoscimento del regime siriano come autore degli attacchi chimici e consegna dei responsabili al Tribunale Penale Internazionale.

La Russia – fa sapere il ministro Lavrov – ha intenzione di presentare una propria risoluzione, in cui si afferma che “una soluzione politica e diplomatica del conflitto siriano non ha alternative”. Per John Kerry, però, qualsiasi accordo sulle armi in Siria dovrà essere trovato solo tramite una risoluzione vincolante del Consiglio di sicurezza Onu. “La proposta russa secondo cui l’appoggio dell’Onu alla sua proposta arrivi nella forma di una dichiarazione non vincolante – ha aggiunto il segretario di Stato Usa intervenendo in una tavola rotonda su Google+ – sarebbe inaccettabile secondo l’amministrazione Usa”. Washington, ha spiegato, deve ottenere “una risoluzione piena dal Consiglio di sicurezza per avere la certezza che questo abbia la forza che necessita”. La risoluzione, ha proseguito, deve prevedere delle “conseguenza se si fanno dei giochetti e qualcuno tenta di provocare danni”.

Ieri la Siria aveva accettato una tutela internazionale per il proprio arsenale chimico. “Accogliamo con favore la proposta russa di mettere l’arsenale siriano di armi chimiche sotto il controllo internazionale”, aveva dichiarato ieri il ministro degli Esteri, Walid al-Muallim. Che oggi rilancia: “Siamo pronti a cooperare totalmente con Mosca, mostrare i depositi e stoppare la produzione. Il nostro impegno nei riguardi dell’iniziativa russa è mirato alla cessione di tutte le armi chimiche”.

Gli Usa, pur ribadendo di voler portare all’esame del Congresso la possibilità di un intervento militare, avevano aperto alla soluzione diplomatica. In giornata Obama ha trovato un accordo con David Cameron e Francois Hollande per presentare una risoluzione unitaria al Consiglio di sicurezza dell’Onu, contenente indicazioni su margini e tempi dell’azione. “I leader dei tre Paesi – spiegano fonti della Casa Bianca – hanno deciso di lavorare insieme alla Cina e alla Russia per esplorare seriamente la fattibilità della proposta russa di mettere tutte le armi chimiche siriane sotto controllo in modo di garantire una distruzione reale e verificabile”. Il senso della proposta, ha spiegato Cameron, non è far sì che “qualcuno monitori le armi chimiche in Siria”, ma deve stabilire la consegna di queste ad un soggetto internazionale “e la loro distruzione”. Concetto ribadito anche da una nota congiunta di Obama e Hollande, in cui i due leader affermano di voler “mantenere aperte tutte le opzioni sulla Siria”.

La Russia, però, ha subito stoppato il dialogo su una prima bozza elaborata dalla Francia. Nei suoi punti principali, il testo francese prevede la condanna formale dell’attacco del 21 agosto scorso, un deferimento di Assad alla Corte Penale Internazionale e una serie di conseguenze per eventuali violazione dei termini previsti dalla risoluzione. Oltre, ovviamente, alla tutela internazionale dell’arsenale chimico siriano. Ma secondo il ministro degli esteri Lavrov, “la proposta francese di approvare una risoluzione al consiglio di sicurezza dell’Onu attribuendo alle autorità siriane la responsabilità per un possibile uso di armi chimiche è inaccettabile”. E Vladimir Putin ribadisce che il piano di consegna delle armi chimiche siriane funzionerà solo se gli Stati Uniti rinunceranno all’uso della forza. Il capo del Cremlino ha auspicato che la proposta sia “un buon passo verso una soluzione pacifica” della crisi siriana.

Tornano quindi d’attualità le parole di Jay Carney, portavoce della Casa Bianca, che ha fatto sapere che Obama nel discorso di stasera alla nazione chiederà comunque al Congresso di autorizzare l’uso della forza contro il regime siriano. “Quello che il presidente ha detto la notte scorsa riflette la situazione in cui ci troviamo questa mattina: noi consideriamo lo sviluppo come potenzialmente positivo e lo consideriamo un chiaro risulto delle pressioni che abbiamo posto sulla Siria”, ha detto Carney, aggiungendo: “Prima di stamane, il governo siriano non aveva mai ammesso di possedere armi chimiche. Ora le ha”.

Dagli Stati Uniti, insomma, continuano ad arrivare dichiarazioni contrastanti. Se un funzionario della Casa Bianca, parlando ai parlamentari democratici della Camera dei Rappresentanti, ha detto che “in questo momento la diplomazia è la priorità”, Kerry ribadisce che “non abbiamo altra scelta che rispondere al regime di Assad“: gli Usa, dunque, vogliono conoscere i dettagli del piano russo, ma “non aspetteranno a lungo”. Il leader dei repubblicani al senato, però, Mitch McConnell, ha dichiarato che voterà contro il testo presentato dal presidente Obama, perché ci sono ancora troppi dubbi sulla durata dell’impegno americano in Siria.

Ieri anche Susan Rice, consigliere per la sicurezza nazionale, aveva sostenuto la linea dura: “Ci sono prove che Assad ha coperto l’uso di armi chimiche. Damasco rappresenta un pericolo per i soldati e i diplomatici americani nella regione, e potenzialmente per i cittadini in patria”, dichiara Rice. “Solo il regime ha la capacità di usare armi chimiche sulla scala che abbiamo visto il 21 agosto. Se non lo affrontiamo – aggiunge Rice -, lo farà di nuovo”.

Prima delle apertura da Mosca e Damasco, era stato proprio il segretario di Stato Kerry a dire che sarebbe stato possibile evitare un attacco “consegnando le armi chimiche alla comunità internazionale entro la settimana prossima”. Kerry sosteneva che il presidente siriano ”non sembra sul punto di farlo”. Ma la situazione sembra essere cambiata, visto l’annuncio fatto da al-Muallim: la Siria non consegnerà il suo arsenale, ma si dice pronta a metterlo sotto la tutela delle autorità internazionali, come suggerito da Mosca. “Abbiamo preso in seria considerazione l’offerta russa e abbiamo deciso di accettare. Per noi – ha dichiarato Muallim – le vite dei nostri cittadini e la sicurezza del nostro Paese sono una priorità. E confidiamo nella saggezza delle autorità russe che stanno cercando di evitare un’aggressione americana contro il nostro popolo”. I ribelli, però, non credono nelle promesse del regime: il capo dell’esercito libero siriano, Selim Idriss, ha accusato il governo di Bashar al Assad e il suo alleato russo di mentire.