La 125° assemblea plenaria del Cio conclusa ieri a Buenos Aires, che ha deciso di assegnare le Olimpiadi del 2020 a Tokyo e di reinserire la lotta tra gli sport olimpici, ha infine eletto il tedesco Thomas Bach nuovo presidente del Comitato Olimpico Internazionale come successore del belga Rogge. Avvocato di 50 anni, Thomas Bach era il favorito e al secondo giro di votazioni ha ottenuto 49 preferenze, davanti al portoricano Carrion (29) e al grande sconfitto Ser Miang Ng di Singapore (6). Nono presidente nella storia del Cio, Bach ha un mandato di otto anni, rinnovabile di altri quattro. E se molti si sono affrettati a ricordare la sua carriera di schermitore – oro olimpico nel fioretto a squadre a Montreal 1976 e oro mondiale l’anno dopo proprio a Buenos Aires – pochi hanno sottolineato le strane modalità della sua elezione. E un documentario trasmesso in Germania in questi giorni ha aggiunto parecchie ombre.
Nel documentario, un avversario di Bach durante le Olimpiadi del 1976 spiega di essere stato testimone di un sospetto cambio di guanto in gara, con l’attuale presidente del Cio che avrebbe sostituito il guanto controllato dagli arbitri con uno bagnato, nascosto in un sacchetto di plastica, in modo da ingannare il conteggiatore di punti elettronico. Poi il documentario lo accusa, al tempo in cui era direttore generale di una nota marca di abbigliamento sportivo, di avere “incentivato” squadre e atleti perché esponessero il famoso marchio ben oltre la normale routine delle sponsorizzazioni, cosa assolutamente vietata dalle regole del Cio. E per questo, e per altre ragioni, di essere finito anche in un dossier della Stasi a lui dedicato. Infine, il video punta i riflettori sulle larghe intese messe in piedi da Bach con emiri e sceicchi in vista delle elezioni presidenziali: centrandole in pieno.
Oramai da tempo, tra scandali e accuse di corruzione, le assemblee del Cio in cui si decidono le candidature olimpiche e si eleggono i dirigenti somigliano a dei conclavi: innumerevoli capannelli di discussione, anche e soprattutto di affari, si sono tenuti per tre giorni all’Hilton di Buenos Aires, ben distanti dalle sale riunioni in cui si sarebbe dovuto discutere. La materia prima del contendere, in questo caso lo sport, è stata relegata a qualche poster in corridoio, o nominata di sfuggita in fondo alle chiacchierate, non sempre amichevoli. In questa 125° assemblea la parte del leone nel lavoro di lobbying l’ha fatta Al Sabah, sceicco del Kuwait e presidente dell’associazione dei comitati olimpici nazionali, espressamente accusato da uno dei concorrenti, lo svizzero Oswald, di avere corrotto nel nome di Bach.
Al potentissimo Al Sabah è attribuita oggi la triplice vittoria di avere portato le Olimpiadi 2020 a Tokyo, la lotta di nuovo nel programma olimpico e Bach alla presidenza, ma la sua unica violazione dimostrabile è avere ammesso pubblicamente la sua preferenza per Bach, comportamento scorretto che gli è costato un’ammonizione da parte del Cio. Mentre sono ancora tutte da dimostrare le accuse di Der Spiegel che Bach da ex presidente del comitato olimpico tedesco abbia usato i suoi contatti per favorire un accordo commerciale tra Kuwait e Siemens. Bach ovviamente ha scelto di non rispondere a nessuna di queste accuse, definendole ridicole. E allora resta l’immagine della sua elezione, seguita immediatamente sul maxi schermo della sala centrale da uno spot di congratulazioni di una nota carta di credito, in cui figuravano sceicchi ed emiri festanti.
Ora che è stato eletto, per il neopresidente del Cio le sfide sono queste: le prossime Olimpiadi invernali di Sochi 2014 tra devastazione ecologica e leggi repressive nei confronti della comunità lgbt; il ritardo mostruoso nei lavori per Brasile 2016 e i problemi economici e sociali connessi; l’eterna lotta al doping. E sull’assemblea del Cio di Buenos Aires può calare il sipario, con la frase sussurrata da uno dei suoi avversari: “Ogni volta si trova Bach davanti a una finestra con un vetro rotto, ma nessuno è mai riuscito a trovare il sasso”.