La recessione che attanaglia l’economia del nostro Paese dovrebbe finire nel terzo trimestre di quest’anno. Lo afferma il Centro studi di Confindustria (Csc), che colloca l’interruzione della caduta del Pil tra luglio e settembre 2013, mentre per il quarto trimestre è previsto il ritorno a variazioni positive (+0,3%). Secondo il rapporto, l’economia italiana è arrivata “a un punto di svolta“, ma la ripresa sarà “lenta” e, in particolare, sarà legata alla stabilità politica, condizione essenziale per un rilancio del sistema. Restano preoccupanti i dati sull’occupazione, con quasi due milioni di posti di lavoro persi dal 2007, sulla pressione fiscale, che tocca un nuovo record, e sui consumi, che continuano a calare, anche se la flessione si riduce rispetto all’anno scorso.
A margine della presentazione dei dati del Centro Studi, il titolare dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato ha smentito le voci di un aumento dell’Iva a partire da ottobre: “Penso che sia molto probabile che non aumenterà, stiamo lavorando per evitarlo”. Le parole del ministro confermano il cambiamento di rotta dell’ex sindaco di Padova, che aveva aperto il suo mandato al dicastero raccogliendo fischi dell’assemblea di Confcommercio per non avere escluso un ritocco alla tassa più odiata dagli esercenti. Poi, il continuo rinvio dell’incremento dell’imposta, fino ad annunciare la possibilità di un suo blocco definitivo.
Mentre il dibattito sull’aumento dell’Iva rimane aperto, il mondo dell’economia italiana guarda con attenzione all’evoluzione del Pil. Per il prodotto interno lordo è stimata una variazione su base annua del -1,6% nel 2013 e del +0,7% nel 2014. Si registra quindi un miglioramento rispetto alle previsioni di giugno, che davano il Pil al -1,9% per quest’anno e al +0,5% per il 2014. Confindustria lancia però un avvertimento riguardo alle minacce che incombono sul rilancio della nostra economia. “Sulla strada della ripresa – sottolinea lo studio – persistono rischi, interni e internazionali, e ostacoli”. In particolare, il rapporto degli industriali indica come cruciale la stabilità politica, una condizione che in questo periodo è tutt’altro che assicurata, data la concreta possibilità di un’imminente crisi di governo legata al voto sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. “La precarietà politica interna”, si legge nello studio di Confindustria, “espone l’Italia a una maggiore diffidenza degli investitori esteri, indebolisce le iniziative di modernizzazione del Paese, impedisce il pieno recupero di fiducia in un progetto Paese, tiene basse la competitività e la crescita potenziale. La stabilità diventa allora il primo tassello nel mosaico del rilancio”.
Un invito alla prudenza arriva comunque da Fulvio Conti, vicepresidente di Confindustria. ”Il ritorno a variazioni positive di Pil attese per il quarto trimestre dell’anno dimostra che c’è un rimbalzo. Ma si tratta di segnali timidi, certamente non sufficienti a recuperare il tempo perduto e le nostre debolezze strutturali”, sottolinea l’amministratore delegato di Enel. “Dobbiamo continuare sul sentiero intrapreso, senza fermarci davanti ai primi segnali positivi o commettere l’errore di non cogliere questa occasione per rinnovarci”.
Altro importante ostacolo sulla via della ripresa è la piaga del lavoro. Nel quarto trimestre del 2013, l’occupazione toccherà “un nuovo punto di minimo” dall’inizio della crisi, con un milione e 805mila posti di lavoro (indicati come Ula, Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) in meno rispetto a fine 2007 (-7,2%). Si stima che la domanda di lavoro ritornerà a crescere da primavera 2014. L’analisi del Centro studi individua come priorità la riduzione del carico fiscale “eccessivo” sul lavoro e sulle imprese nella prossima legge di stabilità. La pressione fiscale, secondo le previsioni di Confindustria, raggiungerà nel 2013 il valore record del 44,5% del Pil (dal 44% del 2012) e si attesterà al 44,2% nel 2014, mentre la pressione effettiva, escluso il sommerso, toccherà il 53,5% quest’anno e il 53,2% nel 2014.
Frena intanto la contrazione dei consumi, anche se la situazione non è rosea. La spesa delle famiglie, dopo essere scesa del 4,3% nel 2012, è stimata in calo del 2,8% quest’anno e dello 0,1% nel 2014, cumulando così una flessione del 7,8% dal 2007. Nei primi tre mesi di quest’anno, la differenza nei consumi rispetto ai valori pre-crisi era del 7,1%, anche se nel secondo trimestre del 2013 la contrazione della propensione a spendere dovrebbe essersi attenuata, dopo il -0,5% congiunturale del primo trimestre. Nel complesso, la contrazione dei consumi delle famiglie è stata meno intensa di quella del reddito disponibile reale, che nel primo trimestre 2013 era inferiore del 10,5% rispetto al terzo trimestre 2007. Il risultato è che gli italiani tendono a ridurre i risparmi, che scendono dal 12,7% al 9,3 per cento.