A oltre due anni e mezzo dal terremoto e dal successivo tsunami che hanno colpito la centrale nucleare, a Fukushima l’emergenza non è finita e il danno ambientale si è aggravato.
Ogni giorno vengono fatte scorrere 400 tonnellate di acqua, che nel suo flusso viene contaminata e non può essere riversata nell’ambiente circostante. Si tratta di una mole enorme di acqua da trattare. Ma le perdite di acqua radioattiva sono state continue in questi mesi nel suolo e nella porzione di mare davanti all’impianto e le radiazioni attorno alle cisterne che contengono l’acqua usata per il raffreddamento dei reattori hanno ora valori venti volte superiori a quelli iniziali. L’acqua fuoriuscita s’infiltra nel terreno, raggiunge le falde che hanno uno sbocco al mare e contaminano il tratto di costa circostante. Nel mese di agosto è avvenuta una perdita di 300 tonnellate di acqua contaminata, un incidente gravissimo che pregiudica non solo la potabilità, ma la sicurezza dei lavoratori all’interno dell’impianto.
Dunque l’operazione di raffreddamento dei reattori finora si è rivelata molto complicata. La gestione dell’emergenza e di questi lavori è stata affidata alla Tepco che si è rivelata inadeguata vista la complessità e la gravità dell’evento e che, nonostante il sacrificio di parte dei suoi tecnici e dirigenti alcuni già deceduti a causa delle radiazioni, non è riuscita a garantire il ripristino dei luoghi.
Ora il governo giapponese ha annunciato che investirà una cifra pari a circa 360 milioni di euro per bloccare le perdite radioattive. Il progetto è quello di costruire una enorme barriera di terra congelata attorno ai reattori e per questo verranno posizionate delle condotte in cui far passare il materiale refrigerante per congelare il suolo. Ciò per evitare che l’acqua delle falde nel sottosuolo – che proviene dai monti circostanti – venga in contatto con quella usata per raffreddare i reattori. Si tratta di tecnica molto innovativa, mai sperimentata in una situazione simile: un muro di ghiaccio profondo circa trenta metri e lungo oltre un chilometro che si propone di arrestare il flusso di acqua dal terreno verso il mare. I primi test inizieranno a ottobre ma affinché entri a regime bisognerà attendere il marzo del 2015.
Oltre a questo impressionante lavoro da mettere in campo per salvare dalla fissione nucleare, il lavoro ancora più complicato sarà la rimozione delle barre di combustibile nucleare. Per lo smantellamento complessivo si parla di almeno un secolo. Un’emergenza infinita e un costante rischio sicurezza ambientale. Se la notizia delle balene uccise a causa della radioattività si è rivelata falsa, in ogni caso la pesca a Fukushima è e resta preclusa.
Resta a mezz’aria la domanda: può davvero risultare credibile che una tecnologia in cui un semplice errore umano o la sottovalutazione di fattori endogeni (terremoti, vulcani, corsi d’acqua sotterranei) riprospetta la catastrofe per buona parte dell’umanità, sia ancora considerata come strumento valido ed efficace per la produzione energetica? Quanto merita correre un rischio così devastante solo per approvvigionarsi di nuova energia sapendo che la superbia umana e la presunzione tecnologia hanno già dimostrato le loro lacune e ci hanno rappresentato i loro fallimenti? C’è solo da augurarsi che l’assegnazione dei Giochi olimpici a Tokyo, induca il governo giapponese ad accelerare ogni possibile attività volta a garantire e tutelare la qualità di vita in quella provincia e in tutto il Giappone. Anche scegliendo un altra via, quella dell’efficienza energetica.