Caduceo
di Pierpaolo Bonante
Cap. I – La Petit Mort
«Era come fare un lancio con il paracadute,
se non si apre non ci si può mica incazzare con qualcuno.»
Henry Charles Bukowski Jr.
“È Fatta” disse.
Ma senza l’allegria di quando si perde la verginità.
Un “È Fatta” di quelli banali, senza senso.
È fatta della serie “Ok, potevo non farcela ma ce l’ho fatta”
Ma nemmeno… era diverso, voleva dire “sono migliore di te, ora lo sai, ne sei cosciente. Lo si sapeva da sempre, ma ora siamo arrivati al punto in cui anche tu arrivi a capirlo.”
A ben rifletterci non è nemmeno un “È Fatta” di questo tipo. È dura descrivere il tono di uno che è disperato ma che, orgogliosamente, non lo ammette. Voi fate il possibile per figurarlo.
“Non ti sopporto. Onestamente, sono al limite…” era una voce femminile. Ma non più delicata come un tempo “…e tu sei al punto di partenza. Non ti sei mosso. Dovevamo fare un percorso assieme, te lo ricordi? Ricordi queste parole? Sei stato proprio tu a dirle, anni fa!”
“È fatta dunque.” Nel ripeterlo l’enfasi era esausta… Una buona mossa! Meglio tenersi le carte migliori per dopo.
“Tutto qui?” lei parve un po’ sbigottita. “Questa è la tua reazione?”
“Cosa ti aspettavi? Lacrimoni? Scene da isteria di massa? Come ho già detto è fatta, non c’è altro da dire o da fare”
“Perfetto, vorrei soltanto mettere in chiaro le cose prima della fine!” dimmi cosa si nasconde dietro a quegli occhietti furbi. Sono curioso. Le corna? Un banale Non ci siamo mai amati? O qualcosa si è rotto?
“Io non ho rimpianti né risentimento nei tuoi confronti. Rispetto la tua decisione appieno, perché rispetto te come donna. Non ho null’altro da mettere in chiaro. Tu?”
“Sono stata molto infelice nell’ultimo periodo…” si accettano scommesse “…anche nell’intimo non andava più…” corna, era ovvio. Io scommettevo sul qualcosa si è rotto “…e non voglio continuare una relazione così”
“Va bene, ciao.” La frase che avrebbe completato al meglio questa patetica carrellata di banalità sarebbe stata “Salutami anche lo stallone da monta, vacca” ma qualcuno ha detto che l’indifferenza è peggio di una coltellata. E il nostro “uomo” è il Mapplethorpe dell’indifferenza.
Hai presente Robert Mapplethorpe, quel fotografo che paragonava troppo facilmente fiori e peni quando impressi sulla pellicola? Ecco, lui.
“Va bene ciao? VA BENE CIAO? Dopo anni è questo il massimo che riesci a dire??!! MA VAFFANCULO!”
“Non sbattere la porta quando esci.” E invece la sbatte. Che simpatia. Chissà se si ricorderà che ha dimenticato la borsa.
Ehi tu, non farlo. Non farlo! NON FARLO! Sei andato bene di fronte a lei. Sei stato bravissimo! Hai resistito con dignità! Sei (quasi) il mio preferito. Dai che ce la fai. Vedo un sorriso sotto quella smorfia di dolore. So che riuscirai a resistere! Dai, dai, dai che ce la fai!
No, non ce la fa.
“PERCHEEEE???? SEI UNA STRONZA, UNA MERDA, UNA PUTTANA!!!” questo è quello che vorrebbe pronunciare. Ma, tra un singhiozzo ed un altro, il massimo che riesce a pronunciare è “PPPppppPSAAAAAAAAHHHHHH MMMMMMMMMMHHHHHH UUHH UHH UHUHUH”
E le chiavi inserite rozzamente nella toppa non fermano i lacrimoni anzi, li fanno aumentare.
Lo guarda sapendo di averlo in pugno. Gli tiene le palle in una trappola per orsi. A rigor di proporzioni, in una trappola per topi. E una traccia di mocio in fuga dal naso sottolinea il rossore degli occhi pieni di lacrime.
L’arpia artiglia la sua pochette ed esce.
“Non dovevo farmi vedere così” nella sua mente queste parole si scolpirono alla mo’ di tavole della legge. Dalla bocca invece usciva “BUUUUUUUAAAAAAHHHHH!!!! PERCHÈ?????????? BUUUUUUUUUUUUUUHHHHH”
“BASTA FAR CASINO!” Apostrofa gentilmente il vicino di casa.
Nell’annuncio dell’abitazione avrebbero dovuto scrivere: “Abitazione signorile, in palazzo d’epoca, completamente ristrutturata, pareti dello spesse quanto una medusa, con persistente odore di urina che manco du’ tonnellate di conegrina riusciranno a togliere, vendesi. Prezzo Trattabile, vicini no.”
Una volta il simpaticone dall’altra parte del muro era arrivato a intimare il silenzio a rivoltellate. Però tutte le volte che si scopa le sue “amichette a pagamento” ogni mugolio viene amplificato da non so quale effetto fisico, manco fosse un Dolby Digital 5.1. È disgustoso, ricorda un cane ammalato che rantola avvicinandosi, senza dignità, alla morte.
Beh, a pensarci l’orgasmo non è chiamato anche la “petite mort”?
“Mi scusi. Cercherò di disperarmi in silenzio”
“Bravo, che domattina c’è qualcuno che si deve alzare per lavorare”
“Ma sono le quattro del pomeriggio”
“E io mi alzo alle quattro del mattino, qualche problema?”
“Molti, ma nessuno che possa interessarle.”
“Fai lo spiritoso?”
“Ci provo.”
“Chiamo l’amministratore così ti passa la voglia di scherzarmi?”
“Mai avuto intenzione di scherzarla.” Anche perché è un abominio linguistico “Farò silenzio”.
“Bravo, che sta arrivando una mia amica”
“Sempre la stessa o un’altra?”
“Cosa te ne frega?”
E’ sempre la stessa. Perché gli fa lo sconto. D’altra parte c’è la crisi. So vvent’anni che c’è la crisi.
“Me la saluti!”
Grugnisce qualcosa, poi si allontana. Quello che il nostro protagonista non sa è che il vicino si è aggrappato il pacco mandandolo silenziosamente a quel paese.
Un rumore di ruscello delizia le orecchie del protagonista e noi tutti speriamo che il fine filosofo abbia la cortesia di detergersi le parti intime, prima di costringere qualcuno a maneggiarle. Però la scaramuccia è riuscita, per qualche minuto, a distrarlo dall’impossibile abisso in cui stava per sprofondare.
Ok, non sarà in grado di far tacere una donna, ma fa sempre piacere ridurre al silenzio un puttaniere, un’opportunità che capita a ben poche persone.
“Bah. Sentiamo Kevin”
Ad un certo punto del vecchio millennio, i neo-genitori italioti, reduci da numerose stagioni di Dawson’s Creek, arrivarono alla considerazione che i nomi italiani non fossero più alla moda. Quindi un’intera generazione si troverà accoppiate di nomi e cognomi improponibili tipo Kevin Pautasso.
“Chiama Kevin Pautasso” Dai, non puoi averlo messo anche nella rubrica vocale. Lo vuoi umiliare ogni volta?
“Si.”
“Ciao Kevin, ti disturbo?”
“No.”
“Senti, hai da fare?”
“Ora si.”
“Ci vediamo stasera?”
“Si”
“Chiamo gli altri?”
“Si”
“Cena da te?”
“Si”
“Per le 8?”
“Si”
“Porto dell’alcool o ce l’hai?”
“Si”
“Si al portarlo o si ce l’hai?”
“Ce l’ho”
“Ok, allora ci vediamo dopo?”
“Si”
“Ciao”
Ma la chiamata era già finita.
“Che fare? Che fare? Cinque ore di niente. Cinque ore di pianto” Non farlo, puoi resistere!
“BUUUUUUUHHHHHHAAAAAAAHHHHHHHH AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA”
Ti aiuto io ragazzo, fidati di me. “BUUUUUUHHHH” Avvicinati alla libreria porta DVD. “AAAAAAAAHHHHHHH!!!” Rapidamente, prima che le lacrime ti offuschino la vista. “SAMSSSSAAAAAAAAAAA” Cinque ore di attesa, diciamo 4 e mezza per concederti una mezz’ora di preparazione, vogliono dire due film del genere Vuoto pneumatico. “JHJHJHJHJHJHJHJHJH!” Conosco solo un uomo in grado di aiutarti in questo momento: Micheal Bay. “NOOOOOOOOOO!!!!” Il DVD di “Bad Boys II” è sullo scaffale dritto davanti a te – messo in posizone strategica proprio per le emergenze. “UHUHUHUHUH!” Non piangere! Ce la puoi fare! Avvicinati!
Merda, è inciampato. Questo non si rialza più.
Rimangono solo numerosi singhiozzi e mugolii incomprensibili.
Fronte a terra, naso sul tappeto, lacrime che si insinuano nelle fessure del pavimento e tanta tristezza. Inginocchiato, il nulla si apriva di fronte a lui, mentre un movimento pelvico del suo vicino di casa lo accompagnava nella disperazione più profonda.
Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam. Pam…
Era in armonia con l’universo che, infame, gli concedeva una splendida quanto terribile cacofonia.
Il lavandino perdeva una goccia dopo l’altra, tenendo un 4\4 perfettamente allineato alla testata del letto che sbatteva contro il muro.
Tic. Tic. Pam. Tic. Tic. Pam. Tic. Tic. Pam. Tic. Tic. Pam. Tic. Tic. Pam. Tic. Tic. Pam. Tic…
Questo mentre il vecchiardo grugniva con il suo fiato alcolico sulla schiena della sua “amica”, perfettamente fuori sincrono.
Tic. Tic. Pam. Anf. A-Anf. Tic. Tic. Pam. Anf. Anf. AAA – Anf. Tic. Tic. Pam. Uff. Uff. Aaahh. Tic. Tic. Pam. Anf. Anf. Anf. Tic. Tic. Pam. Anf. A – Anf. Tic. Tic. Pam. Anf. Aaahh…
Il vecchio mendicante che viveva sotto la sua finestra muoveva il cappello delle monete sovrapponendosi dolcemente alle percussioni già descritte (Tlin, Tlin, Tlin) quando una coppia dall’altro lato della strada litigava concedendo le frequenze medie mancanti alla cacofonia. (Bla, Bla Bla Bla Bla! BLAAAAAAAA!!!)
La ciliegina sulla torta era il nostro derelitto che, con i suoi singhiozzi agitati e acuti, faceva danzare le corde vocali tra una disperazione e l’altra.
Un concerto osceno che solo lui poteva ascoltare, ma di cui non aveva coscienza. La sua stupidità lo portava esclusivamente ad ascoltare se stesso. La sua voce interna gli intimava di correre dietro alla sua dolce pulzella, che non era troppo tardi, che non sapeva cosa avesse perso.
Il Tutto era ben assorto nel creare quella sinfonia e l’unica cosa da rimproverargli era il terribile gusto musicale, ma niente di più.
L’universo gli aveva dedicato un pensiero. E fa piacere a tutti essere oggetto di attenzioni.
Io, personalmente, avrei preferito si guardasse Bad Boys II, perché non sopporto i piagnistei. Ma il pirla mi è caduto sbattendo la faccia a terra…
Il concerto finì ed il nostro bambino si addormentò tappandosi le orecchie.
Non voleva sentire la “petit mort” del vecchio che, considerata l’età, rischiava di essere non più così piccola.
Quarta di copertina
Caduceo è un libro duale, nel senso che segue due intrecci differenti, che non si incontreranno mai, ma dando la speranza che ciò accada.
Un ragazzo conduce la sua vita come tutti. L’autore che l’ha immaginato lo osserva dicendogli cosa fare, bucando brutalmente la 4a parete, cercando di coinvolgere il lettore in una storia che gli appartiene.
Dall’altra parte la storia racconta l’origine dell’universo e di tutti i problemi relativi alla suddetta origine. Perché se così non fosse, non si avrebbe niente di cui disquisire. E dall’inizio della storia è necessario trovare un senso.
Non abbiamo risposte, ma solo innumerevoli domande. E se proprio abbiamo risposte, saranno più convincenti di quelli della serie televisiva Lost.
L’autore
Pierpaolo Bonante, nato nel 1985 a Cirié (TO), vive a Borgaro Torinese (TO. La mail è: afro.rulez@email.it
Laurea triennale in Scienze Sociali per lo Sviluppo, la Pace e la Cooperazione, una laurea specialistica in Comunicazione Multimediale e di Massa, una qualifica professionale come Tecnico Fonico, Bonante coltiva da sempre il sogno della scrittura e non ha mai pubblicato niente, non ha mai vinto un concorso ma fino a che ne avrà la possibilità tenterà di realizzare il sogno.
Durante gli studi universitari si è dedicato alla creazione, alla stesura, allo speakeraggio di programmi radiofonici come Poteva Essere, XformATTIVO, Le Colpe di Dioniso, Senza Pretesa Alcuna, Letz Rock presso Radio 110 e le Webradio Erreunodiscoradio e Radio ISA e Musica Emergente SPA presso Radio Emergenti.
In un periodo di disoccupazione involontaria ha scritto Caduceo.
Nel settembre 2012 ha aperto il sito www.iperbenisti.com in collaborazione con Federico Bottallo. Il sito ha struttura di microblogging come strumento di diffusione del dubbio tramite l’ironia ed il nonsense.