Quando una persona ha una malattia è banale regola di comportamento non ignorare la situazione ma curarla, sempreché non sia in fatto in tempo a prevenire, che è la cosa migliore. Lo stesso principio si deve applicare, mutatis mutandis, a un corpo non fisico ma politico e sociale. Ad esempio l’Italia. Il problema è che siamo in mano a pessimi dottori. 

Ciò è dimostrato senza ombra di dubbio dalla nauseabonda telenovela che risponde al nome “Vicende giudiziarie e politiche del cavalier Silvio Berlusconi“. L’intreccio fra le vicende dell’uno e dell’altro tipo è inevitabile, trattandosi di individuo che ha violato, secondo l’accertamento operato obiettivamente dalla magistratura, varie leggi nel corso della sua vita personale, imprenditoriale e politica.

Sembrerebbe che ci stiamo finalmente avviando alla conclusione, ma il condizionale è d’obbligo, dato che Berlusconi, cui non mancano certo i mezzi finanziari o d’altro tipo, non lascerà nulla di intentato per conservare il suo seggio di senatore e, come dimostrato dalla storia degli ultimi anni, egli dispone di sponde, occulte e palesi, di tutto rispetto anche negli schieramenti apparentemente avversi.

Chi oggi lamenta il pericolo dell’instabilità politica, si tratti o no di berlusconiani, pare con ogni evidenza ciurlare nel manico. I procedimenti giudiziari contro Berlusconi, vari, articolati e di numero crescente, non sono certo fulmini a ciel sereno, ma eventi che si potevano prevedere tranquillamente, così come prevedibilissima era la reazione del leader della destra e dell’accozzaglia di suoi domestici e lacché che risponde al nome di Partito della (sic!) libertà. Chi a su0 tempo, come Napolitano, ha puntato tutto sul governo delle larghe intese, può quindi a buon diritto essere accusato quantomeno di imprudenza e crassa faciloneria.

Ma, oltre alla sua salute cagionevole e alla sua prevedibile rapida fine, già iscritta nel suo codice genetico e nel carattere assolutamente artificioso e strumentale del patto che gli diede vita, c’è un altro motivo per il quale il governo delle larghe intese risulta fortemente negativo per il Paese e tale motivo risiede nella sostanza dei provvedimenti che esso ha adottato durante la sua breve esistenza, tutti o quasi dannosi.

Basti pensare al più importante di tutti, l’abolizione dell’Imu che costituisce un forte colpo a finanze già dissestate e che andava semmai rimodulata per colpire più duramente i ricchi e salvaguardare i redditi bassi e le piccole imprese. Così com’è stata adottata il suo unico pregio, tutto e solo per Berlusconi, è quello di costituire un nuovo tassello della propaganda elettorale della destra per la campagna elettorale anticipata che si avvicina a tappe forzate. Una sorta di gioco delle tre carte il cui unico scopo è quello di far bella figura al Pdl, dando en passant una spallata alla già disastrata finanza locale e nella prospettiva di introdurre la service tax che sarà ancora più iniqua perché graverà anche sugli inquilini.

Per il resto, ordinaria amministrazione del solito pessimo stampo e occasioni perdute sul piano internazionale, laddove, come già avvenne per lo sbiadito Monti, la circostanza di sostituire nella rappresentanza dell’Italia un personaggio che si era coperto di ridicolo in ogni occasione, avrebbe potuto significare una carta importante da spendere nei confronti di interlocutori ansiosi di confrontarsi con un governo finalmente dotato di un minimo di prestigio e serietà.

E invece, il consueto servilismo nei confronti degli americani, dove all’inevitabile dissociazione dall’intervento illegale degli Stati Uniti in Siria non si è osato abbinare, com’era logico, il rifiuto dell’uso delle basi; altrettanta passività nei confronti della Merkel e dell’Unione europea, fatto salvo qualche proclama rimasto tale sulla necessità di una politica economica non disastrosamente recessiva; supina accettazione delle ricette fallimentari propinate dalle istituzioni finanziarie internazionali, come il taglio del costo del lavoro di cui, ma che straordinaria novità, si è parlato al recente vertice del G-20; per non parlare degli ignobili scivoloni come il caso Ablyazov e più in generale dell’assoluta mancanza di protagonismo sulla scena mediterranea, tanto più incomprensibile data invece la presenza di un Ministro degli esteri esperto e  consapevole come Emma Bonino.

Ultimo ma non meno importante, fedeltà e subalternità alle lobby, specie se bipartisan, come dimostrato dall’ottuso intestardimento sul progetto Tav e ovviamente autoconservazione della casta parlamentare, tenacemente attaccata ai suoi privilegi e alla sua sostanziosa retribuzione.

Insomma un bilancio davvero poco lusinghiero. Non resta quindi che augurarsi che Berlusconi sia destituito al più presto  e che la sua destituzione determini la fine di questo fallimentare esperimento. Napolitano ne prenda atto e batta altre strade, ricordandosi di essere il presidente degli italiani e non quello delle forze politiche che li rappresentano così poco e male. Altrimenti si dimetta. 

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