Avendo paura della morte, il primo imperatore della Cina Qui Shi Huang si fece seppellire in un mausoleo con 10 mila cavalieri di terracotta fabbricati a grandezza naturale con tanto di armi, corazze, carri e cavalli. Era il suo popolo della libertà, pronto a immolarsi per non lasciarlo da solo ad affrontare quello che non voleva: le tenebre.
Ventidue secoli dopo eccoci al cospetto di quest’altro esercito di terracotta fabbricato a grandezza naturale con tanto di grisaglie e tailleur, uomini e donne adulte dotate di tutto, i denti, le unghie, ma non la vergogna, che si offrono a ogni ora del giorno e della notte televisiva pronti a farsi seppellire (dal ridicolo e dal dramma) con il loro imperatore che li aspetta nel proprio mausoleo a Arcore, frastornato da una sentenza irrevocabile quanto la morte, ma che più moderatamente si chiama Cassazione.
In suo nome presidiano la bugia dell’innocenza conclamata, delle tasse sempre pagate, dell’iniquità dei tribunali e di tutte le leggi, persino quelle fabbricate da loro stessi. Alla tomba dell’imperatore lavorarono 700 mila schiavi per 10 anni.
Noi stiamo peggio, tutti prigionieri dal doppio degli anni e con molti più schiavi intorno.
il Fatto Quotidiano, 12 settembre 2013