Diletta è a scuola. Al secondo giorno di liceo artistico. E’ stato un inizio meraviglioso, di quelli che mi spingono a divulgare per raccontare, dare fiducia, speranza a tutti coloro che invece vivono impatti e realtà devastanti. Le classi prime sono state accolte in modo molto carino. Diletta ha potuto visitare ogni angolo della scuola. Ha potuto conoscere praticamente tutti. In classe si sono presentati.
Copertura totale con le 18 ore di sostegno e 20 di assistenza. Ho verificato la situazione degli altri alunni. Ad ogni alunno sono state assegnate le ore previste di insegnamento di sostegno. Qualche problema con l’ascensore. Ma sono stata rapita dall’entusiasmo di tutti. In un attimo Diletta era dove doveva essere. Un bel clima davvero. Una normalità preziosa che onestamente non avevo mai incontrato in questi termini.
Ero talmente emozionata ieri che non sono riuscita a scrivere. Anche oggi fatico un po’. Diletta ha riflettuto molto sul suo primo giorno di liceo e ieri sera mi ha spiegato che è davvero orgogliosa di avercela fatta. Raccontava a sua sorella che finalmente incontra ragazzi come lei, poi ridacchiando le diceva che lei ora a scuola potrà fare i laboratori di pittura mentre la sorellina deve studiare alle elementari. Poi al termine del discorso l’ha rassicurata spiegandole che anche lei “da grande” potrà andare al liceo. Motivata, fiera. Ho capito quanto sia stato importante anche il suo esame di terza media.
Resta un quesito di base: se alcune scuole riescono a fare così tanto, perché molte altre non ce la fanno? Il retrogusto molto amaro di questa gioia per gli alunni disabili della scuola che Diletta frequenta è che questo non accada spesso. E non si può giustificare. E non possiamo diventare artefici di cause legale per ogni ambito. Non è giusto neanche questo.
C’è a mio giudizio troppa discrezionalità nei dirigenti. Se a parità di fondi (carenti) e di personale (carente) in alcuni Istituti si riesce a garantire un servizio di buon livello, vuol dire che altrove non si lavora con la stessa efficienza. E che sia chiaro che ciò non significa che le risorse siano sufficienti. Perché queste scuole che sono l’esempio di impegno e ingegno potrebbero davvero formare adulti preparati se potessero disporre delle risorse necessarie.
Vorrei capire perché ci sono bambini senza assistenti e senza docenti, senza pc e senza materiali, a fronte dei tanti non disabili con ore di supplenza fino a dicembre, se non per tutto l’anno. Genitori che raccolgono soldi per sapone, carta igienica, carta per le mani, e fanno regali alle maestre che poi si utilizzano in classe: computer, stampanti, macchine fotografiche ecc…Onore al merito di tutto questo personale della Pubblica Amministrazione spesso preso di mira a causa di taluni esempi che inquinano l’efficienza.
Si può trovare un modo per trasmettere e insegnare questi buoni esempi, mentre cerchiamo di tirare su le sorti di questa Italia? La scuola credo che sia il primo tassello. Per tutti. Perché inclusione esiste se si pensa a tutti gli alunni e a tutti i disagi. Quando un alunno disabile non riceve le dovute garanzie per consentirgli di studiare, si danneggia indirettamente la scuola. E quando gli alunni non sono adeguatamente istruiti si danneggiano tutti gli alunni inclusi quelli disabili.
Vorrei aprire la visione al gruppo. Perché alla base del nostro insegnamento esiste il gruppo classe come cellula di origine. Dovremmo inventarci qualcosa e consentire alla macchia d’olio di allargarsi sempre più affinché tutti i nostri figli possano studiare sul serio.