Se davvero, come ci dicevano le nonne, il buon giorno si vede dal mattino, questa stagione televisiva potrebbe dare il peggio del peggio. L’inizio è stato agghiacciante. Un po’ c’era da aspettarselo con la partenza dei talk, molti dei quali smaniosi di mostrare la nuova veste, il nuovo conduttore o la nuova collocazione, in coincidenza con l’inizio della discussione parlamentare sull’ineleggibilità di Berlusconi e le relative contrapposizioni, un piatto ghiottissimo per quel genere televisivo.
Ma la realtà ha superato e supera ogni giorno anche la più pessimistica previsione, raggiungendo livelli che francamente non riesco a spiegarmi. Intorno a un paio di temi su cui vedo pochissimi margini di discussione (la legge Severino è incostituzionale? chi ha commesso reati è punibile anche se gode di molto consensi elettorali?) si costruiscono ore e ore di programmazione televisiva, di chiacchiere di sconcertante prevedibilità.
Si comincia alle prime ore del mattino (Omnibus, Agorà), si prosegue in mattinata con il Coffee break della bella Tiziana Panella cui segue una replica di Otto e mezzo della sera precedente. Poi una breve pausa pranzo – tanto lì ci sono i tg che ti aggiornano sull’argomento – ma ben presto nel pomeriggio parte su Sky tg 24 il dibattito condotto da Paola Saluzzi che mette in scena la situazione più buffa, perché lei è bravina ma ospita delle figure di secondo piano, diciamo delle riserve che ripetono gli stessi concetti dei big del loro partito, dei titolari, con meno capacità dialettica e minor sicurezza: gli effetti sono spesso esilaranti.
I titolari scendono in campo la sera, quando, come succede nel calcio, si giocano le partite che contano: Otto e mezzo, che ha il merito di avere una brava conduttrice, di durare poco e di ospitare solo due politici alla volta e quindi di consentire allo spettatore di capire qualcosa, Quinta colonna, Piazza pulita, Virus, La gabbia, Ballarò, Matrix, Porta a Porta e chi più ne ha più ne metta. Anche qui non mancano momenti di comicità assurda (involontaria intendo, l’unica voluta è quella di Crozza che però dura troppo poco), come la presenza contemporanea di uno stesso personaggio su due reti diverse o la ripetizione una sera dopo l’altra della stessa battuta, della stessa frase, della stessa smorfia che lo spettatore può divertirsi (si fa per dire) ad anticipare.
Ora, il problema non è perché si produca tutto questo ciarpame. La risposta qui è semplice e riguarda gli intrecci tra politica e tv, i bassi costi del prodotto, la sua facile riconoscibilità. Il problema, su cui chiedo aiuto ai miei lettori, è perché gli italiani continuino a sorbirsi questa sbobba. Gli ascolti non sono esaltanti per nessuno, ma la sola idea che ci sia qualcuno che ha voglia di beccarsi il virus sparso da Porro è un fenomeno difficile da spiegare.
Per questo vi chiedo aiuto. Ci fu un’epoca in cui ci si preoccupava del distacco dalla vita politica tipico degli italiani: era “l’Italia giocava alle carte e parlava di calcio nei bar” di cui si lamentava Gaber. Ma per quella realtà, per quelle scelte qualunquiste c’erano mille spiegazioni e analisi convincenti di tipo storico, politico, culturale. La passione, in apparenza opposta, per un confronto tra Speranza e Santanché resta invece avvolta nel mistero più fitto.