L’Italia pagherà 10 miliardi di euro per una flotta di 90 ‘F35’. Il costo è suscettibile di variazioni: aumenterà o diminuirà a seconda del modello di cacciabombardieri scelti e del numero di velivoli destinati a volare.
Il taglio alla spesa statale per il Welfare nel nostro Paese tra e il 2007 e il 2012 è stato del 75%, il che significa che per rispondere alla mancanza di servizi gli Italiani, oggi, ricorrono sempre più a risorse (non solo economiche) interne alle famiglie. Una persona su tre non arriva a fine mese, una su due ha qualche difficoltà a causa della diminuzione del reddito familiare, del minore potere d’acquisto e dell’aumento dei prezzi. Sto parlando dei nuovi poveri, ma anche di chi si è scoperto vulnerabile o non riesce ancora ad ammettere di esserlo, abituato com’era a uno stile di vita dopato.
Se il welfare è in crisi e il Paese – fatta eccezione per le ‘missioni di pace’ – non è in guerra, perché mai il Governo non dovrebbe fare un passo indietro sull’ammodernamento dell’apparato militare? Per Thomas Mackinson i nuovi caccia sarebbero un investimento a perdere visto che l’Italia li compra “nella speranza che non si alzino mai, sia per ragioni di pace, sia per ragioni di portafoglio”. Io, che non sono un esperto in materia, mi sento di dire che questo è il momento di rivedere i criteri su cui si fonda la difesa della nostra nazione, come del resto anche quella delle altre.
Temo non ci siano grandi margini per un’inversione di rotta da parte del Governo. Napolitano ha messo il suo ‘timbro’ sull’acquisto della nuova flotta: l’Italia è troppo esposta per defilarsi dal programma ‘F35’, ne risentirebbe l’amicizia con gli Stati Uniti e con Obama, così come potrebbe essere compromesso l’accordo multilaterale tra i 9 Paesi partecipanti. L’amministratore delegato di Alenia, incaricata di produrre le ali del velivolo e la fusoliera, si è detto preoccupato per la perdita dei posti di lavoro ‘promessi’. In sintesi, per Governo e Difesa questa è l’occasione per esibire i muscoli.
Deriva da qui il mio scetticismo, ma la posta in gioco è troppo alta per non dichiarare il mio dissenso di cittadino, operatore sociale e, nonultimo, di contribuente. Sono indignato per questo investimento, termine che in questo caso trovo deprivato della sua accezione semantica. Ci sarò anch’io domani alle 15:00 in piazza San Babila a Milano e spero davvero di trovare lì molti cittadini,oltre alle organizzazioni della società civile e ai rappresentanti degli enti locali. La manifestazione è promossa da amministrazioni comunali e realtà del privato sociale, in particolare dal coordinamento La Pace in Comune e dal Forum del Terzo Settore della Lombardia.
Dobbiamo essere in tanti. Abbiamo il dovere di ribadire fino alla fine che di una flotta di aerei non sappiamo che farcene (o per lo meno a me sfugge il senso), mentre dieci miliardi al sociale, alla scuola, alla cultura sarebbero un segnale di speranza per il Paese oltre che un investimento. Vero.
Fatti due conti e tanto per avere un termine di paragone – afferma l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano Majorino – con la somma necessaria a pagare un bombardiere e mezzo si finanzierebbe la spesa sociale annuale di un comune come quello di Milano.
Avrete capito che non sono qui a difendere il mio orto. Scenderò in piazza pienamente consapevole che il vecchio Welfare è giunto a un punto di non ritorno e che, mentre chiediamo al Governo di riorientare quei 10 miliardi, dobbiamo avere in mente che logica e efficacia degli interventi attuali sono da rivedere profondamente.
Investire quei 10 miliardi nel sociale, nella scuola, nell’occupazione vorrebbe dire lasciarci alle spalle gli effetti che anni di politiche neo liberiste hanno prodotto e recuperare, prima che sia troppo tardi i legami sociali sempre più sfilacciati. Se non intercetteremo per tempo la sfera dei vulnerabili sarà a rischio la democrazia, perché finirà per prevalere un atteggiamento passivo e rivendicativo tra le persone.
Questa manifestazione è l’ultima chiamata per pensare, stavolta in modo partecipato, un nuovo paradigma di Welfare. Se otterremo lo scambio tra cacciabombardieri e servizi sociali non saremo al punto di arrivo, ma a un nuovo punto di partenza. E non sarebbe certo una bruttanotizia!