Nel 1984 la burla dei tre giovani livornesi che gettarono un pezzo di pietra serena lavorato con un trapano in un canale. Uno scherzo che diventò inganno per molti critici dell'arte. Ora il Comune vuole valorizzare quelle "opere". Luridiana, uno dei "falsari": "Finalmente la città ha superato lo choc: trent'anni per elaborare il lutto. Poteva farlo prima"
Una mostra permanente sulla beffa delle false teste di Modigliani. Livorno decide così di celebrare le sculture ritrovate in uno dei Fossi Medicei – i canali d’acqua che attraversano il centro della città -, attribuite al celebre artista livornese morto a Parigi che infine si scoprì essere state realizzate da tre ragazzi livornesi armati di trapano. Fu così che le false teste di Modì nel 1984 portarono Livorno al centro delle cronache internazionali anche perché molti baroni dell’arte scivolarono su una buccia di banana giudicandole autentiche. “Siamo orientati ad esporre le teste entro la fine del mandato (2014, ndr) – spiega l’assessore comunale alle Culture Mario Tredici – Non in una struttura privata e nemmeno in un museo, dato che opere d’arte non sono, stiamo cercando una struttura pubblica”. “Noi l’abbiamo sempre presa come un gioco – spiega Pietro Luridiana, uno degli autori del falso – sinceramente all’epoca tutto il clamore ci stupì e l’ostracismo che seguì al clamore ci infastidì”. A Luridiana l’idea dell’esposizione è piaciuta: “Sono soddisfatto specialmente se questo significa aver superato lo choc per chi ha subito questa cosa. Qualsiasi amministrazione le avrebbe valorizzate prima. Livorno è una città dove molti turisti arrivano con le navi da crociera e non solo. Se le avessero esposte prima, in 30 anni avrebbero venduto migliaia di decine di biglietti. Diciamo che l’amministrazione ha elaborato il lutto mettendoci più di 30 anni. Meglio tardi che mai”.
Il ritrovamento delle false teste risale a quasi 30 anni fa, quando tre giovani livornesi (Pietro Luridiana, Michele Ghelarducci e Pierfrancesco Ferrucci) decisero di scolpire con un trapano e pochi altri attrezzi un volto su pietra serena imitando lo stile di Modì. Poi la gettarono nei Fossi Medicei. Luridiana disse: “Continuavano a non trovare niente, così abbiamo deciso di fargli trovare qualcosa”. Nel 1984, infatti, in occasione di una mostra per il centenario della nascita di Modigliani, partì un’operazione di dragaggio dei Fossi per verificare se avesse un fondo di verità una leggenda sull’artista livornese. Nel 1909, infatti, Modigliani – tornato da poco e temporaneamente da Parigi – esibì alcune sue sculture al Caffè Bardi della centrale piazza Cavour: alcuni amici artisti iniziarono a prenderlo in giro, arrivando a consigliargli di gettare le opere nel fosso lì vicino. Così i tre ragazzi livornesi – tutti ventenni – decisero di “far trovare qualcosa” a chi cercava. E quando le teste furono trovate i critici d’arte si divisero: Federico Zeri negò subito l’attribuzione, Giulio Carlo Argan assicurò che le opere erano state scolpite sicuramente da Modigliani.
Nessuno dei tre autori della beffa (ora alla soglia dei 50 anni), sposati e con figli, ha avuto poi a che fare seriamente con l’arte: Luridiana ha un negozio di informatica, Ghelarducci lavora in un’impresa di spedizioni, Ferrucci è vicepresidente dell’Istituto europeo di oncologia a Milano. Lo scherzo si ingigantì inaspettatamente, rafforzato dall’idea analoga di un altro livornese, il portuale Angelo Froglia (che la passione per l’arte l’aveva davvero), ma senza lo stesso “movente” scanzonato. “Credevamo che se ne sarebbero accorti subito” raccontò più di recente Luridiana. Invece le tre teste (due scoperte il 24 luglio e la terza il 10 agosto) vengono accolte dagli addetti ai lavori come un trionfo. “Eppure – disse Luridiana qualche anno fa – noi non abbiamo mai nascosto niente: alla Baracchina Rossa (affollato locale del lungomare, ndr) lo sapevano tutti”. Finché, all’inizio di settembre, su Panorama viene raccontata a tutti la verità: la testa dei tre ragazzi era stata scolpita in pietra serena, con un trapano ed altri attrezzi da carpentiere. I tre finiscono in televisione e, in diretta, realizzano un nuovo falso, come riprova. E le altre due “teste”? Alcuni giorni dopo, in seguito a un appello in tv di Zeri (uno dei pochi critici, assieme a Carlo Pepi, a non cadere nel tranello), esce allo scoperto l’autore: Froglia, un portuale con la passione dell’arte che spiega di aver agito per rivalsa nei confronti dei critici. Mostra anche un video in cui viene immortalato mentre scolpisce le teste.
All’epoca del ritrovamento Tredici era giornalista e si ricorda bene di quei giorni dell’estate del 1984 in cui la città si esaltò per via del ritrovamento di quelle che si credeva essere le opere di uno degli artisti più apprezzati a livello mondiale: “Livorno visse un momento di folgorazione all’idea che quelle fossero le teste scolpite da Modigliani e conseguentemente subì una grossa delusione – ricorda l’assessore alle Culture – Il mondo della critica prese una cantonata e non è detto che la storia non possa ripetersi”. Inevitabilmente uno dei temi dell’esposizione sarà il rapporto tra il vero e il falso: “La falsificazione è uno degli elementi permanenti nella storia della civiltà, la nostra volontà è quella di inserire le teste in un ragionamento di questo tipo”.