A Maria Måwe, 36 anni, in lizza per le prossime regionali nel partito sudtirolese sono bastati meno di 50 giorni per ottenere la cittadinanza, giusto in tempo per potere essere legalmente inserita nelle liste. Il tempo che lo Stato dovrebbe - e non riesce - garantire è di 730 giorni
C’è un nuovo record in Italia: ottenere la cittadinanza in sole sette settimane. Ci è riuscita Marie Måwe, 36 anni, svedese, residente a Bolzano da sette anni e candidata alle prossime regionali nell’SVP. La bionda Måwe è forse riuscita ad aprire uno squarcio nella burocrazia romana? Non proprio, molti sospettano che abbia avuto qualche spintarella politica. La legge prescrive, infatti, che la domanda per ottenere la cittadinanza sia evasa entro 730 giorni. Ma è un limite che il ministero dell’Interno non rispetta, né per i cittadini comunitari né per i cittadini extracomunitari. Sul sito www.stranieriintalia.it trovi moltissime storie di persone in attesa da anni della cittadinanza, che non è un diritto ma una concessione dello Stato italiano, che può benissimo negarla.
“Ciao a tutti, ho presentato la domanda in 2007 ma ancora sto aspettando la mia cittadinanza. Vivo in Italia dal 1997. Ho fatto le scuole superiori In Italia e dal 2001 lavoro nelle Ferrovie come di macchinista”, scrive Singh. Anche Violetta è nella stessa situazione: “Salve io e mio figlio dal 2008 abbiamo presentato la richiesta di concessione della cittadinanza italiana ma mi chiedono ancora la busta paga… i redditi… li ho consegnati e mi dicono che la pratica è in fase di conclusione… non so quando tempo devo aspettare ancora, dopo 4 anni di attesa”. Giada è molto arrabbiata: “Cittadinanza Italiana! I tempi sono molto lunghi, faccio tempo a morire prima di vedere i miei figli cittadini italiani:). Il colmo è che sono cittadina Italiana da 20 anni e miei figli sono ancora extracomunitari. L’unica soluzione è di andare avanti con solleciti e diffide”.
La richiesta di cittadinanza della biondissima svedese deve essere stata infilata direttamente sull’aereo da Bolzano diretto a Roma, con volo di andata e ritorno già programmato, visto l’insolita celerità dei nostri burocrati. Solo per i campioni stranieri del calcio c’è stato tanto zelo nel trattare la pratica. L’iter della richiesta è infatti complicato. Dopo quattro anni i cittadini comunitari possono presentare la richiesta alla prefettura, che la inserisce nel Sistema Informativo Cittadinanza. Successivamente il ministero della giustizia controlla se presso il casellario giudiziale vi siano condanne “riportate dal richiedente”, quindi va alla Questura per un rapporto informativo, che controlla la “regolarità dell’ingresso, il soggiorno, la residenza, procedimenti penali a carico dell’interessato, c’è poi il colloquio con il richiedente per accertare il livello di integrazione, la conoscenza della lingua e i principi del nostro ordinamento, la posizione lavorativa e reddituale”.
A questo punto la richiesta approda al ministero dell’Interno, dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione e, precisamente, alla direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze. E qui inizia la “valutazione della documentazione” e sperate che tutti i documenti siano a posto, altrimenti ricomincia la trafila. Se ottiene il via libera dal ministero, allora il presidente della Repubblica firma il decreto di cittadinanza. Ma non è finita, perché il decreto riparte per la prefettura, che notifica il provvedimento all’interessato, e come ultima tappa il neo cittadino italiano va in comune dal sindaco per il giuramento. C’è qualcuno che davvero pensa che in sole sette settimane una pratica possa attraversare questo labirinto di burocrazia?
Un noto avvocato bolognese, che cura quasi elusivamente pratiche di cittadinanza, se la ride. “Ho richieste che sono state depositate sei anni fa, in media ci vogliono tre anni e mezzo ma con solleciti e l’intimazione di rivolgersi alla giustizia. I 730 giorni, cioè due anni, fissati dalla legge non vengono mai rispettati”. Ma per Marie si sono spalancate le porte del ministero. La svedese è, infatti, candidata nel partito della Svp, la Südtiroler Volkspartei, il partito di lingue tedesca che governa la Provincia di Bolzano. Il 6 agosto è stata presentata la lista dei candidati alle elezioni provinciali del 27 ottobre e Marie Måwe era lì, assieme agli altri candidati, ma non aveva la cittadinanza italiana. Non poteva candidarsi perché alle elezioni regionali è obbligatorio essere italiani. Forse la richiesta è partita qualche giorno prima e in soli 49 giorni ha ottenuto il via libera per candidarsi. L’11 settembre ha giurato davanti al sindaco di Bolzano, il 13 scadeva il termine per la presentazione delle liste. Una coincidenza.