Entrambi, ognuno a suo modo, sono rottamatori e soprattutto candidati, non proprio favoriti, a guidare i due opposti schieramenti di centrosinistra e centrodestra. Pippo Civati e Flavio Tosi sono saliti sullo stesso palco alla festa della Lega nord di Forlì e il deputato monzese del Partito democratico, in corsa per la segreteria Pd, è riuscito persino a strappare qualche applauso ai barbari sognanti romagnoli. E sempre davanti ai 200 militanti leghisti, gran parte di loro di fede maroniana, il sindaco di Verona ha invece confermato la sua intenzione di candidarsi alle primarie per il post Berlusconi. “L’idea di lanciare la sfida ha un duplice scopo: evitare che noi leghisti dobbiamo sempre votare un premier scelto da un altro partito e far scegliere agli elettori di centrodestra un leader non più calato dall’alto”.
Obiettivo di entrambi è quello di mandare in soffitta la classe dirigente dei loro partiti. “La mia proposta congressuale è che con me segretario questi qui non ci saranno”, ha spiegato Civati riferendosi ai dinosauri del suo partito. “Non ci saranno i 101 che hanno impallinato Prodi per il Quirinale, non ci sarà chi nel Pd in 20 anni di tempo non ha fatto niente”. Poi Civati rincara la dose, in particolare contro uno degli sfidanti, Gianni Cuperlo: “Lo stimo, ma mi pare che lui sia il candidato di quelli che c’erano prima, di Bersani, di D’Alema. E non ricordo di averlo avuto a fianco nelle mie battaglie su temi di sinistra”. Gli applausi non mancano e Flavio Tosi, che per il 6 ottobre a Mantova ha messo in piedi una vera e propria convention per lanciare la sua candidatura alle primarie, ha buon gioco nel ricordare la sua campagna anti-estabilishment all’interno della Lega nord ai tempi di Bossi. Proprio al Senatur è rivolta una battuta tagliente: “In qualsiasi movimento politico le cariche a vita non ci devono essere”.
Le distanze politiche tra Tosi e Civati saltano fuori però quando si parla di immigrazione. Il deputato Pd non la manda a dire e rimprovera il pubblico leghista: “Potete piantarla di attaccare il ministro Cécile Kyenge? So che Tosi si è chiarito con lei”. Dal pubblico parte qualche mugugno, qualche timido fischio, ma è lo stesso sindaco scaligero a calmare gli animi: “Offenderla è stato un errore, perché l’offesa personale ha spostato il dibattito su altro e paradossalmente nel momento in cui tu offendi una persona, crei simpatia intorno a lei e quasi le si dà ragione. Se invece la inviti a confrontarsi sul concreto poi puoi dimostrare che su quelle posizioni ha torto”. Un mese fa, durante una visita del ministro per l’integrazione a Verona, Tosi si era scusato per gli insulti di militanti e dirigenti: “Le porgo le mie scuse – aveva detto – se qualcuno della mia parte politica l’ha offesa, fermo restando che in democrazia si possono avere idee diverse, ma il rispetto come ministro e soprattutto come persona e come donna è una cosa dovuta”.
Ma anche sul merito delle politiche per gli immigrati le posizioni fra i duellanti alla festa di Forlì sono distanti anni luce: “La mia posizione sull’immigrazione è esattamente quella del ministro Kyenge” ha detto Civati, prendendosi qualche fischio. “Se un bambino nasce in Italia, fa le nostre scuole è italiano. Troviamo il modo per rendere più semplice questo percorso”. Tosi la pensa in maniera diametralmente opposta: “Con l’entrata in vigore dello ius soli, se i genitori stranieri di un bimbo perdono il lavoro e devono essere allontanati dall’Italia per non gravare sul sistema sociale italiano, saremmo costretti a regolarizzarli per non allontanarli dal figlio che sarebbe italiano”.
Infine c’è la questione della decadenza di Berlusconi e del voto della giunta per le elezioni: “Se qualcuno pensa di salvare lui per salvare il governo non si rende conto che a quel punto non ci sarebbe più neppure una maggioranza, non ci sarebbe più niente, quindi spero che se non c’è la dignità, ci sia almeno il buonsenso” dice Civati. Da futuro candidato che si propone di guidare tutto il centrodestra ,il leghista Tosi se la cava con un espediente salomonico: “Si rimandi l’interpretazione della legge Severino alla Corte costituzionale. Se dirà che si può applicare allora tutti dovrebbero votare per la decadenza e viceversa”.