Come sempre in questi casi si affiancano luci ed ombre, cui speriamo facciano maggior luce i provvedimenti attuativi. Ci si domanda quali canali di selezione per le immissioni in ruolo verranno utilizzate, visto che già oggi molte graduatorie sono di fatto esaurite. Oppure ci si domanda con quali criteri verranno individuati ordini di scuola e regioni che beneficeranno di queste stabilizzazioni del rapporto di lavoro degli insegnanti. In particolare con quale criterio verrà individuato dove distribuire gli insegnanti di sostegno, ben sapendo che essi sono relativamente più diffusi nelle regioni meridionali in rapporto alla presenza della disabilità.
Dispiace infine il colpo di spugna fuori tempo massimo sul bonus maturità nella formazione delle graduatorie per le ammissioni alle facoltà a numero chiuso. Non tanto per le modalità di calcolo, tutte ovviamente discutibili, ma per il fatto che per la prima volta si era preso atto di un fallimento sistemico della scuola secondaria, ovverosia perdita della capacità di segnalazione del voto di maturità, e vi si cercava di porre rimedio. Senza nulla togliere al contenuto educativo della relazione tra docente e studente, esiste una dimensione oggettiva della stessa che occorre ripristinare, in quanto si costruisce su di essa la carriera scolastica successiva. Se il voto di maturità avesse un valore oggettivo di comparabilità orizzontale, tra scuole e tra territori, potremmo finalmente fare a meno della serie infinita di test di ammissioni ai corsi universitari, che stanno alimentando l’industria degli estensori di test e dei preparatori allo svolgimento dei test stessi. Possiamo sperare che il test Invalsi in quinta superiore possa risolvere questo problema?
Daniele Checchi, 11.09.13, Lavoce.info