Che siano parlamentari o meno, sulla base di una circolare del 2000 i membri del governo percepiscono ogni mese 3.500 euro per le spese. Ma la prassi è andata oltre. E i soldi - con l'eccezione di Saccomanni - li possono avere anche i ministri che risiedono a Roma, "per evitare un’ingiustificata disparità di trattamento tra membri del governo e parlamentari"
PROPRIO COSÌ. Se un dipendente pubblico equiparasse il suo stipendio a quello di un altro in via di prassi e solo perché non gli piacciono le disparità sarebbe processato dalla Corte dei conti. Invece i membri del governo si fanno le buste paga come gli pare, infischiandosene delle norme e applicando principi e prassi come gli aggrada. Al Fatto che chiede conto del pagamento della diaria ai ministri non parlamentari residenti a Roma, il ministero risponde così: “In conformità con la riscontrata prassi parlamentare secondo cui detta diaria viene corrisposta alla generalità dei parlamentari indipendentemente dall’esser residenti a Roma o meno, è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione della diaria anche ai membri del governo residenti a Roma”. Salvo Saccomanni, si affretta a precisare il ministero. E gli altri? Il mistero, dopo dieci giorni di attesa, nonostante le email spedite al ministero dell’Economia e delle Finanze, nonostante l’interessamento di Palazzo Chigi, nonostante la consultazione dei grandi esperti della Ragioneria Generale dello Stato, nonostante le telefonate lunghe e piene di forse con i poveri addetti stampa e portavoce mandati allo sbaraglio, la risposta è un colossale: Boh.
Il punto centrale del giallo delle buste paga del governo è la diaria. Questa componente aggiuntiva del reddito dei parlamentari è stata attribuita da una legge del 1965 per pagare le spese di soggiorno a Roma. La legge non era chiara nell’attribuirla ai soli parlamentari residenti fuori Roma e così è stata estesa a tutti, anche ai residenti a Roma. Oltre alla diaria, pari a 3.500 euro al mese, i parlamentari si sono attribuiti un ulteriore rimborso forfettario per gli spostamenti da/per l’aeroporto: tra i 1.300 e i 1.100 euro al mese, a seconda della distanza del luogo di residenza dallo scalo più vicino. Ovviamente, anche questo rimborso è stato concesso graziosamente ai residenti a Roma, che magari non hanno mai preso un aereo.
Nel 1999 una legge ha esteso anche ai ministri non parlamentari l’indennità economica dei parlamentari. La circolare della Ragioneria Generale dello Stato, n. 50 del 2000, firmata dal ministro dell’Economia di allora Giuliano Amato, ha poi esteso anche ai ministri non parlamentari la diaria “per le spese di soggiorno a Roma” che allora ammontava a 5milioni e 250mila lire al mese. La circolare precisava però che questo beneficio spettava solo ai ministri e sottosegretari “non residenti a Roma”. I ministri non parlamentari residenti a Roma, come Fabrizio Saccomanni o Antonio Catricalà, Enrico Giovannini, Filippo Patroni Griffi, quindi dovrebbero essere esclusi dal beneficio.
RECENTEMENTE il governo Letta ha abolito il cumulo dello stipendio da ministro con l’indennità da parlamentare con una rinuncia di circa 64mila euro all’anno lordi. La nuova legge però non nomina la diaria. Quando Il Fatto ha chiesto lumi sul trattamento economico dei ministri non parlamentari, il Mef ha risposto il 6 settembre su carta intestata: “In conformità con la riscontrata prassi parlamentare secondo cui detta diaria viene corrisposta alla generalità dei parlamentari indipendentemente dall’essere residenti a Roma o meno, è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione della diaria anche ai membri del governo residenti a Roma”.
In pratica, senza alcuna legge o circolare che lo permettesse, ministri e sottosegretari residenti a Roma avrebbero incassato, par di capire da anni, ben 3.500 euro al mese in più. Nonostante la circolare di Giuliano Amato del febbraio 2000 espressamente limitasse il privilegio della diaria ai soli ministri “non residenti”. Al Fatto, che si chiedeva quale fosse la ragione di questo assurdo comportamento, il ministero dell’Economia ha risposto così: “Ciò per evitare un’ingiustificata disparità di trattamento tra membri del governo e parlamentari. La misura della diaria in questione è attualmente pari a 3.500 euro mensili”.
Quando poi Il Fatto ha scritto al ministero per chiedere “a partire da quale mese di quale anno è stato esteso il pagamento della diaria ai ministri non parlamentari residenti a Roma?”, il ministero è entrato in fibrillazione. Per sette giorni i tecnici della Ragioneria si sono consultati tra loro e con la Presidenza del Consiglio. Anche perché la Regione Sicilia ha rifiutato nel 2006 il pagamento della diaria agli assessori non parlamentari regionali residenti a Palermo proprio applicando per analogia la norma della circolare n. 50 che ora sarebbe caduta in desuetudine a Roma. Una settimana dopo, ieri, finalmente è arrivata una riposta criptica nella quale si parla di “totale equiparazione del trattamento spettante ai ministri parlamentari e non parlamentari” salvo annunciare una nuova circolare in materia. Infine, ieri in tarda serata, lo staff del ministro dell’Economia ha richiamato Il Fatto per precisare che Saccomanni non percepisce alcuna diaria. E gli altri ministri? Il ministero dell’Economia dice che ne hanno diritto, ma non sa come si comportano in concreto.
da il Fatto Quotidiano del 14 settembre 2013