Il bacino potrebbe coprire un terzo del combustibile utilizzato per la produzione di energia elettrica entro il 2040, quando il carbone cesserà di essere un'opzione competitiva
Grecia e Cipro, da secoli legate da vicende storiche, sociali e culturali oggi hanno in comune non solo le conseguenze dell’eurocrisi ma anche un altro fattore determinante come i risvolti legati alla geopolitica, che a quelle latitudini fa rima con giacimenti sottomarini. Ma se Cipro già da tempo si è attrezzata per lo sfruttamento siglando un accordo con Israele che venerdì ha prodotto la prima fiammella del gas nelle acque cipriote, Atene è ancora ferma per gli atavici ritardi dell’ente nazionale per le privatizzazioni, il Taiped, e per la concomitanza di interessi legati al nuovo gasdotto Tap che di fatto frena la presenza di Gazprom nell’intera area euromediterranea.
Nel giorno in cui da Bruxelles è arrivato il via libera dell’Eurogruppo alla nuova tranche di aiuti per Cipro (1,5 miliardi di euro che saranno erogati entro fine settembre, dopo l’approvazione formale da parte del board dell’Esm) e in attesa che il Fondo monetario internazionale dica l’ultima parola sulla sua tranche da 86 milioni il 16 settembre, il dipartimento dell’Energia dell’isola ha diffuso le prime immagini dell’inizio del test di produzione: si “accende” il gas prodotto dal giacimento Afrodite situato all’interno del Blocco 12 della ZEE.
Le riserve probabili di sei zone con licenza nella cipriota ZEE sono pari a 1,1 trilioni di metri cubi. Lo scopo è stato di quello di verificare la qualità del gas nella zona economica esclusiva di Cipro. Il gas naturale è venuto a galla senza problemi e sono state attivate correttamente le valvole. Il test di produzione durerà circa cinque giorni e poi l’impianto inizierà a valutare la tenuta del lavoro. In un articolo apparso sul Forum Oxford Energy, una pubblicazione trimestrale dell’Istituto for Energy Studies, il presidente della Kretyk, l’azienda di Stato cipriota deputata allo sfruttamento del gas, Haralambos Ellina, facendo riferimento alle prospettive dei mercati del gas naturale in tutto il mondo, ha osservato che il bacino cipriota potrebbe coprire un terzo del combustibile utilizzato per la produzione di energia elettrica entro il 2040, quando il carbone cesserà di essere un’opzione competitiva. “A quel punto – ha scritto – la domanda di gas naturale crescerà più velocemente di qualsiasi altra fonte di energia, che consentirà di aumentare la produzione del 65% entro il 2040”.
Ma la preoccupazione del governo cipriota a questo punto risiede nella reazione turca all’accensione della prima fiammella di gas. Già lo scorso autunno, in concomitanza con le prime firme sugli accordi Tel Aviv- Nicosia, il governo di Erdogan aveva avuto di che ridire. Una nota ufficiale del governo turco aveva minacciato di sospendere i progetti avviati con l’Eni a causa della partecipazione del gruppo petrolifero italiano al programma di esplorazione dei giacimenti di gas al largo delle coste di Cipro, che Ankara contesta in una disputa sulle acque territoriali. Il ministro dell’Energia Taner Yildiz accusava il governo di Nicosia di non poter gestire autonomamente le risorse energetiche al largo dell’isola. Per questo fin dallo scorso ottobre Ankara ha minacciato più volte di sospendere ogni collaborazione con i gruppi petroliferi internazionali che concludano accordi con il governo cipriota. Anche se, in virtù del diritto internazionale e del fatto che la fantomatica Repubblica turco-cipriota del nord non sia riconosciuta dall’Onu, non avrebbe di cosa pretendere da quello spazio marino, in quanto lo ha occupato abusivamente dal luglio del 1974, con ancora oggi 50mila militari turchi in loco e un filo spinato che divide l’isola da ovest a est. Si aggiunga che lo scorso 31 luglio, la stampa greca diffuse la notizia che un missile turco era stato lanciato contro una nave italiana che lavorava per conto di Cipro. L’imbarcazione stava piazzando cavi sottomarini. La notizia non fu confermata dalle autorità, e neanche la rappresentanza consolare italiana a Nicosia intese commentarla, ma comunque fu il segnale di una situazione di potenziale tensione nell’intera zona.
Zona che, per la sponda greca, è stata interessata da un’altra grande opera come il Tap, il gasdotto che porterà in Europa il gas azero proveniente dall’importante giacimento di Shah Deniz II, le cui dimensioni lo rendono molto significativo in quanto bypassa la dipendenza energetica dalla Russia. Ma taglia fuori i giacimenti presenti in Grecia che, a causa degli atavici ritardi e degli scandali di presunta corruzione del Taiped, l’ente nazionale per la privatizzazione, non ha ancora progettato lo sfruttamento dei giacimenti minerari in Calcidica e a Creta e del gas presente nell’Egeo “greco”.