Ammontano a 50 milioni di euro le disponibilità finanzarie del Gruppo Riva bloccate dalla Guardia di Finanza. La cifra corrisponde a meno del 10% dei beni complessivi a cui gli agenti hanno apposto i sigilli, il cui valore raggiunge i 600 milioni di euro. Ma le società colpite dal sequestro non dovranno chiudere i battenti: il provvedimento “non prevede alcun divieto di uso” dei beni aziendali: il custode-amministratore “è autorizzato ex lege a gestire eventuali necessità di ordine finanziario”. Lo rende noto la Procura di Taranto in una nota a firma del procuratore Franco Sebastio.
Il maxi sequestro disposto dai magistrati pugliesi aveva riguardato beni mobili, immobili e conti correnti per un ammontare di quasi un miliardo di euro. Nel mirino della Guardia di Finanza erano finite oltre dieci società collegate alla holding. “Il sequestro tuttora in esecuzione”, fanno sapere i magistrati pugliesi, “riguarda essenzialmente beni immobili, partecipazioni in altre società, quote azionarie, automezzi, impianti e, solo in minima parte, disponibilità finanziarie”. Il denaro sequestrato, pari a 50 milioni di euro, rappresenta meno del 10% dei 600 milioni di beni complessivi interesati dal provvedimento. ”Il valore complessivo del sequestro”, scrive la Procura, “è stato preventivamente stimato, sulla base delle poste patrimoniali indicate nei bilanci depositati dalle società colpite dal provvedimento, in circa 950 milioni di euro, ma attualmente sono stati attinti cespiti per un importo complessivo di circa 600 milioni di euro”.
Ma le società sequestrate non saranno costrette a fermarsi. Per i beni aziendali, i magistrati tarantini hanno disposto “la custodia e l’amministrazione da parte di ausiliari nominati dall’autorità giudiziaria, al fine di garantire la continuità produttiva dell’azienda”. I beni sequestrati negli ultimi giorni, conclude la nota della Procura, verranno “immediatamente affidati, così come previsto dall’originario provvedimento del gip e allo scopo di evitare pregiudizi per la loro operatività, all’amministratore giudiziario, nominato a suo tempo dal giudice proprio allo scopo di garantire la loro gestione”. L’obiettivo della Procura di taranto è quello di “prevenire effetti negativi sulla prosecuzione dell’attività industriale, così come sta già avvenendo per le altre aziende precedentemente attinte dall’iniziale provvedimento di sequestro”.
Sulla vicenda Ilva è intervenuto anche il premier Enrico Letta: “Il governo ha affrontato la questione nel modo giusto. Non faremo mancare la nostra attenzione e le risposte ai 1400 lavoratori e al sistema produttivo italiano”. Lunedì si terrà a Palazzo Chigi un vertice tra Flavio Zanonato, titolare dello Sviluppo Economico, e Bruno Ferrante, presidente del colosso siderurgico. Sul piatto, i 1.500 esuberi disposti dall’azienda nelle tredici società cui le Fiamme Gialle avevano apposto i sigilli nell’ambito dell’inchiesta Ambiente svenduto, che vede i vertici dell’Ilva sotto indagine per disastro ambientale. Zanonato sembra volere avvalare la tesi della Procura di Taranto: “Riva può funzionare e avvalersi di risorse anche in presenza del sequestro”. Dopo gli ultimi sviluppi dell’inchiesta, sempre più insistenti si erano fatte le voci di un commissariamento del colosso siderurgico: nel corso della stessa giornata, il ministro dello Sviluppo Economico aveva prima smentito categoricamente, poi incluso nel novero delle ipotesi l’idea di individuare un commissario per l’Ilva. Il suo collega titolare dell’Ambiente, Andrea Orlando, ha invece smentito senza esitazione l’idea di nazionalizzare delle acciaierie dei Riva: ”Nazionalizzazione presuppone indennizzo e, quindi, qualche miliardo da dare ai Riva”.
L’intervento del governo è invocato anche dai sindacati. “L’equilibrio tra provvedimenti giudiziari e la tenuta occupazionale di Riva Acciaio può risolversi con un apposito decreto”, ha spiegato il segretario della Cgil, Susanna Camusso, “e bisogna arrivarci prima che questo blocco determini la perdita del lavoro con la chiusura degli stabilimenti”. Più duro Maurizio Landini, leader della Fiom: “L’unica soluzione è il commissariamento di tutte le attività”. Intanto, la reazione dei dipedenti non si fa attendere. I lavoratori dello stabilimento di Verona si sono trovati in piazza dei Signori, per protestare contro i licenziamenti disposti dal colosso siderurgico, che nel loro impianto minaccerebbero 479 operai più gli operatori dell’indotto. Dal centro, i manifestanti sono partiti in corteo attraverso le strade della città, mentre i vertici sindacali delle Rsu hanno incontrato il prefetto.