Scienza

Un vaccino per l’Aids?

Un vaccino per l’Aids è possibile? Secondo molti studiosi siamo ancora lontani. Un recente studio pubblicato su Nature accende però una speranza. Si tratta pur sempre, è vero di scimmie, macachi, e di un virus chimerico, mezzo Cytomegalovirus (CMV) e mezzo SIV, un virus che causa una sindrome tipo Aids dei primati, meno grave rispetto a quella dell’uomo. 

In pratica un CMV che esprime proteine del SIV, invece che le proprie, in tal modo stimolando le cellule, linfociti T, dedicate alla memoria immunitaria e che sono in grado di “andare alla caccia” delle cellule che sono infettate da microrganismi estranei, come appunto SIV o anche HIV. Louis Picker della Oregon Health & Science University e i suoi colleghi avevano già trovato che nella metà dei macachi rhesus vaccinati con un CMV, usato  come vettore, nel quale erano inseriti dei geni di codifica derivati dal SIV, si può sopprimere la carica virale a livelli non rilevabili anche dopo ripetute inoculazioni per via rettale del SIV ( Nature 473 , 523 , 2011) .

Questo effetto è probabilmente dovuto alla induzione di un’insolita, ma particolarmente efficace risposta da parte delle cellule T effettrici della memoria immunitaria (Science 340 , 940 , 2013). In un nuovo studio ( Nature 2013, doi: 10.1038/nature12519 ), il gruppo dimostra che il vaccino sopprime SIV a livelli non rilevabili in circa la metà degli animali dopo inoculazione del virus SIV per via vaginale e anche per via endovenosa. A distanza di anni, fino a uno e mezzo, la non rilevabilità del virus viene conservata e in macachi, che avevano livelli anche elevati di SIV nel sangue, non lo è più permanentemente.

Ora è ovvio il passo che suggerisce di applicare una metodologia analoga per aggredire la malattia umana appare breve e a portata di mano. Ci sono però secondo me numerosi problemi da sorpassare, prima di farsi delle illusioni.

In realtà il vaccino agirebbe in teoria solo su cellule replicanti, che esprimono cioè determinate proteine del virus HIV alla superficie lasciandosi così riconoscere dalle cellule T memoria. Siccome sappiamo che nei reservoirs i virus possono “dormire” per decenni, per quanto tempo e soprattutto a che livelli dobbiamo mantenere la nostra risposta immune, rinforzata cioè da richiami successivi nel tempo, per sincerarci che sia avvenuta una pulizia completa del virus dal nostro organismo? Dovrà essere associato pertanto a coadiuvanti immunologici, interleuchine o altre citochine, capaci di stimolare la riproduzione cellulare e accelerare il processo di clearance? In che modo verrà associata la terapia antiretrovirale (ART), se cioè sarà sufficiente solo un trattamento iniziale al fine di azzerare la carica virale, prima della somministrazione del vaccino, per facilitarne l’azione, e a che dosi, oppure la ART, pesante e potenzialmente tossica, dovrà proseguire indefinitamente? Il vaccino avrà anche una funzione preventiva o unicamente terapeutica?

Ora sappiamo che nelle scimmie, anche negli scimpanzé che sono biologicamente l’animale più simile all’uomo, sono stati studiati a tal fine dei virus chimerici, con risultati spesso vantati come lusinghieri, ma l’applicazione all’uomo, per quanto ne so, non sembra aver fornito lo sperato esito. Pertanto oggi come oggi quello che si può dire è che numerosi studi teorici e trial clinici sono ancora necessari prima di potersi pronunciare con sufficiente approssimazione. Mi auguro di sbagliarmi, ma anche in questo caso non penso che vedremo presto la luce in fondo al tunnel…mi auguro fortemente di sbagliarmi.